Distrofia di Duchenne e cellule di Sertoli: nuove speranze dalla ricerca

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di Benedetta Tintillini

 

Nonostante la strada della sperimentazione sia ancora lunga, l’utilizzo delle cellule di Sertoli nella cura della distrofia di Duchenne sta dando ottimi risultati. Ne parliamo con il Professor Guglielmo Sorci dell’Università di Perugia, Principal Investigator e coordinatore del progetto di ricerca.

Professor Sorci, innanzitutto ci piacerebbe capire quali sono i tempi tecnici, per giungere a risultati certi, nel campo della ricerca, quando è iniziato il progetto su cui state lavorando?

I tempi di una ricerca sono relativamente lunghi, purtroppo. Nel caso specifico, il progetto è partito nel 2011, dopo aver assistito ad un seminario tenuto dal prof. Giovanni Luca, durante il quale vennero illustrate tutte le proprietà delle cellule di Sertoli. A seguito del seminario proposi al prof. Luca una collaborazione, coinvolgendo anche il prof. Riccardo Calafiore del dipartimento di Medicina, entrambi esperti in cellule di Sertoli microincapsulate. In questo modo abbiamo unito le competenze dei nostri gruppi focalizzando la ricerca sulla distrofia di Duchenne. Dopo i primi tentativi su un esiguo numero di topi, dati i risultati molto incoraggianti, abbiamo ampliato la ricerca in modo da ottenere numeri statisticamente significativi.

Quali sono i benefici che avete rilevato nei topi trattati?

Abbiamo rilevato benefici ben oltre le nostre aspettative. Oltre all’effetto anti-infiammatorio, che rappresentava il razionale dell’approccio ed era quello sul quale si focalizzavano le nostre ricerche, abbiamo riscontrato un significativo e rapido recupero del muscolo sia a livello morfologico che a livello funzionale. Desidero sottolineare che attualmente, nei malati di distrofia di Duchenne, viene trattata solo l’infiammazione, attraverso terapia con corticosteroidi, dato il grande impatto che ha l’infiammazione sulla progressione della malattia, nonostante i diversi effetti collaterali di questi farmaci.

Da cosa è causata la distrofia di Duchenne e quali sono i sintomi?

I malati di distrofia di Duchenne presentano una mutazione genetica nel cromosoma X che impedisce ai loro muscoli di produrre distrofina, una proteina necessaria per il mantenimento dell’integrità delle fibre muscolari durante la contrazione. In assenza di distrofina, i muscoli degenerano progressivamente perché le loro fibre, ad ogni contrazione, si rompono, non riuscendo poi a rigenerarsi in maniera adeguata. Questo comporta un progressivo indebolimento muscolare, con progressiva difficoltà nel compiere movimenti, nonché sempre crescenti difficoltà respiratorie. I malati di Duchenne muoiono per insufficienza cardio-respiratoria intorno alla terza decade di età.

Sentiamo parlare di cellule di Sertoli, ma cosa sono esattamente?

Le cellule di Sertoli sono cellule presenti nei tubuli seminiferi del testicolo, dove hanno due specifiche funzioni: la prima è quella di separare le cellule germinali in via di sviluppo (quelle cellule che diventeranno speramtozoi) dal letto vascolare costituendo una vera e propria barriera fisica, importante perché il sistema immunitario, formandosi prima degli spermatozoi, non li riconoscerebbe come propri attaccandoli; la seconda funzione è quella di secernere fattori trofici e immuno-regolatori, questi ultimi concorrendo ad impedire localmente la risposta immunitaria.

In questo caso specifico, le cellule da noi utilizzate sono state prelevate da testicoli di maialini prepuberi. Maialini che, ci tengo a dire, verrebbero comunque castrati negli allevamenti di animali destinati al consumo. Attualmente utilizziamo cellule di maiali SPF, Specific Pathogens Free, ovvero certificati per assenza di patogeni, idonei anche per trapianti nell’uomo. Le cellule di Sertoli vengono isolate, purificate e incapsulate in alginato di grado clinico, ampiamente testato, inerte e innocuo per l’uomo.

Perché le cellule devono essere incapsulate?

Perché iniettare cellule libere in un organismo le rende poi incontrollabili. Noi non avremmo la certezza che rimangano dove le abbiamo inoculate anzi, potrebbero posizionarsi in qualsiasi punto dell’organismo, generando effetti anche non desiderati. Incapsulare le cellule vuol dire confinarle in uno spazio tridimensionale, sufficientemente poroso da permettere però scambi con l’esterno, con la garanzia che restino confinate nello spazio in cui vengono inoculate. Noi le abbiamo inoculate nella cavità peritoneale dove, durante i nostri esperimenti, le abbiamo ritrovate anche ad un anno di distanza dall’inoculo, invisibili al sistema immunitario che non le ha aggredite. Poterle individuare in qualsiasi momento è molto importante, soprattutto in caso di sperimentazione su esseri umani: nel caso si verifichino problemi, le cellule potrebbero, in questo modo, essere rimosse con relativa facilità.

Cosa sono in grado di fare le cellule di Sertoli?

Oltre ad aver appurato che hanno un importante ruolo immuno-regolatorio ed anti-infiammatorio, le cellule di Sertoli sono in grado di produrre e secernere un fattore denominato Eregulina beta 1 che, attraverso il sangue, arriva nei muscoli e stimola la produzione di utrofina, una proteina molto simile alla distrofina che, come abbiamo già detto, i malati distrofici non sono in grado di produrre. La produzione di utrofina favorisce la rigenerazione del muscolo, perché questa proteina riesce a svolgere le stesse funzioni della distrofina, permettendo così agli animali trattati di recuperare la funzione muscolare.

Arrivati a questo punto, quali sono i prossimi step della ricerca?

Abbiamo avviato un progetto finanziato dalla associazione Parent Project Onlus, che ha deciso di finanziare gli sviluppi del progetto e di devolvere al nostro progetto anche i proventi derivanti dalla campagna di vendita delle uova pasquali su tutto il territorio nazionale (qui a lato la locandina dell’iniziativa, ndr), decisione che ci inorgoglisce e ci carica di ulteriori responsabilità. Il progetto prevede di andare ad indagare quattro aspetti che sono fondamentali per ipotizzare un passaggio dell’approccio terapeutico nell’uomo: prima di tutto valutare la dose-risposta, dobbiamo testare diversi dosaggi di cellule di Sertoli e verificarne gli effetti; altro dato che ci occorre è conoscere lo stato biologico delle cellule nelle microcapsule nel tempo: con analisi al microscopio elettronico monitoreremo lo stato biologico delle cellule a distanza di tempo all’interno delle loro capsule per capirne anche il grado di efficacia; dobbiamo capire esattamente qual è il meccanismo che produce il loro effetto anti-infiammatorio ed immuno-modulatorio nel contesto distrofico; inoltre dobbiamo dimostrare, in modo definitivo, la loro azione immuno-modulatoria e non immunosoppressiva, aspetto di fondamentale importanza, perché un organismo immunodepresso è facilmente attaccabile da agenti patogeni e si difende male dall’eventuale presenza di cellule trasformate.

Avete notato, in parallelo, effetti collaterali negativi?

No, non abbiamo notato alcun effetto collaterale negativo nella sperimentazione fin qui eseguita. C’è da dire che, in realtà, un esperimento con cellule di Sertoli inoculate nell’uomo già è stato fatto, su un gruppo di ragazzi messicani diabetici, e a sette anni di distanza non sono stati rilevati problemi. Sono stati trattati con cellule di Sertoli incapsulate anche due macachi diabetici, e nel loro caso, soprattutto in quello che ha ricevuto il dosaggio più alto, sono stati notati significativi miglioramenti dello stato immunologico e del quadro glicemico.

Per concludere, mi piace evidenziare, nel suo team, la presenza di una ricercatrice tuderte.

Sì, del nostro gruppo di ricerca fa parte la dottoressa Sara Chiappalupi che, nello specifico, si occupa della valutazione degli effetti delle cellule di Sertoli sui muscoli dei topi trattati, analizzando gli aspetti morfologici, molecolari ed immunologici. Si deve alla dottoressa Chiappalupi la scoperta della secrezione di eregulina beta 1 da parte delle cellule di Sertoli nel nostro sistema sperimentale. La dottoressa Chiappalupi ha ottenuto in passato una borsa di studio finanziata dalla Regione Umbria proprio per questo progetto, che si è avvalso, nel tempo, anche dei fondi l’Associazione Francese contro le Miopatie (AFM Téléthon), mentre in questo momento siamo supportati dalla Parent Project Onlus (www.parentproject.it), a cui esprimo tutta la mia più sincera gratitudine.

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