Interviste. Eleonora Passeri: malattie rare e psichiatriche, la prima “cura” è l’empatia

 

 

eleonora passeri
Nella foto: Eleonora a Dublino, in occasione dell’European 22q Alliance 2nd meeting, con Anne Lawlor (a destra), 22q Ireland, mamma di una ragazza con la 22q, e (a sinistra) una ragazza con 22q mamma di una splendida bimba.

Il prossimo 22 novembre sarà la Giornata per la consapevolezza sulla 22q, una malattia genetica tra le più comuni della quale, però, si parla pochissimo. Con la dottoressa Eleonora Passeri cerchiamo di sapere e capire qualcosa in più sull’argomento.

Assisana, dopo il dottorato di ricerca in Neuroscienze, la dottoressa Eleonora Passeri si è trasferita negli Stati Uniti per alcune borse post-dottorato (McLean Hospital; Harvard Medical School; Georgetown University; Johns Hopkins Hospital) dove ha studiato in particolare la schizofrenia, i disturbi bipolari e la demenza osservando i meccanismi cellulari alla base associati tali gravi malattie mentali; grazie alle sue competenze scientifiche, unite a quelle sul mondo dei social media, promuove verso il grande pubblico la conoscenza delle malattie rare, genetiche, che hanno ripercussioni sul cervello.

Dottoressa Passeri, qual è, allo stato attuale, la situazione riguardo alla ricerca ed alla consapevolezza sulle malattie rare di tipo psichiatrico?

Sicuramente c’è un profondo gap che divide la comunità scientifica, i pazienti e la società civile, ed è lì che si concentrano i miei sforzi. Non lavoro per alcun istituto o fondazione, ma sento forte la necessità di costituire un ponte tra queste tre realtà che contribuisca fattivamente sia ad agevolare la ricerca scientifica grazie all’ascolto dei pazienti, sia all’accoglienza, comprensione ed accettazione delle persone affette da tali sindromi da parte dei “normodotati”.

In cosa consiste la sua attività?

La mia attività ha molteplici scopi. Mi rivolgo al grande pubblico per promuovere la conoscenza delle malattie rare e dei disordini mentali allo scopo di agevolarne la comprensione e, di conseguenza, l’accettazione delle persone affette da tali patologie. Il tentativo è di abbattere le stigmatizzazioni che etichettano i malati, ghettizzandoli senza effettivamente conoscerli. Il mio intento è, al tempo stesso, anche quello di fornire informazioni corrette alla comunità scientifica grazie all’ascolto delle persone coinvolte, oltre a rendere queste conoscenze fruibili per le famiglie delle persone affette.

Esistono malattie rare, mentali, di origine genetica?

Si, durante le mie ricerche mi sono occupata di un disordine mentale molto raro che colpisce i bambini sotto i 12 anni, una forma di schizofrenia infantile dovuta delle alterazioni nel cromosoma 22 e nel 16; le alterazioni sono chiamate in gergo “Copy number variation” (variazione del numero di copie). Per farle capire quanto rara le do qualche dato: la schizofrenia colpisce circa l’1,5% della popolazione mondiale, di questi l’1% è colpito da questa tipologia di schizofrenia infantile. Avvicinandomi a questo mondo e approfondendo la prospettiva dei genitori di questi bambini ho capito quanto fossero emarginati, sia per la ricerca sia per la società. Il cambiamento e’ cruciale, indignarsi non cambia le cose, fare qualcosa e alzare il sedere si…

Quindi tali malattie sono pressoché sconosciute anche in ambito scientifico?

Purtroppo si, le malattie rare sono delle misconosciute anche a livello scientifico e questo, purtroppo, rallenta le diagnosi; un malato può aspettare anche 5 o 6 anni prima di sapere di cosa soffre, è anche successo che le famiglie stesse, caparbiamente abbiano condotto autonomamente delle ricerche che hanno portato a nuove diagnosi prima sconosciute, tutto questo è inaudito.

Attraverso quali strumenti veicola i suoi messaggi?

Lo faccio attraverso l’arte ed i social media. L’arte è un potentissimo strumento per veicolare emozioni e messaggi senza l’utilizzo della parola, ed è in grado quindi far avvicinare persone apparentemente non interessate al tema delle malattie rare. Mi avvalgo dei social media (Facebook, twitter, instagram, and LinkedIn) perché sono attualmente il mezzo di comunicazione più efficace che abbiamo a disposizione. A tale proposito, non essendo sostenuta da alcuna fondazione o ente, mi corre l’obbligo di ringraziare tutti colo che mi stanno dando una grande mano, a titolo gratuito, nel portare avanti questo progetto: Arianna Calzolari e il suo Foodie catering, il Ristorante Redibis, Erika Virgilio e il suo Grani di Senape, Alessia Torregrossa e Le foto di Ale, Michela Parroni e Atelier Arte MP, Mara Pianosi, Bruno Mohorovich e due suoi artisti: Carlo Pagnini e Donatella Marinucci, Serena Nofrini, Camilla Gubbiotti, il Museo Diocesano di Assisi con Silvia Rosati, il Museo San Francesco di Montefalco con Serena Marinelli, 22q Ireland, 22q Awareness Days, 22q Northern Ireland, 22q11.2 SA Deletion Syndrome Foundation, Maria Kamper della 22q Foundation Australia and New Zealand, CDG Sindrome Foundation, Ataxia and me.

Il 22 novembre è la Giornata della consapevolezza sulla 22q, in cosa consiste questa malattia?

La 22q è una sindrome dovuta alla parziale delezione o duplicazione del cromosoma 22: nei soggetti colpiti un pezzetto del braccio più lungo di questo cromosoma, il braccio “q” appunto, non è presente oppure è duplicato. Tale sbilanciamento genetico ha delle serie ripercussioni su: cuore, sistema immunitario, sistema nervoso con ritardi mentali di vario grado, in alcune persone si ha l’insorgenza di schizofrenia. C’e’ da dire però che alcune di questi pazienti con 22q riescono a condurre una vita pressoché normale, alcuni addirittura sono “portatori sani” hanno il cromosoma 22 alterato, ma non hanno alcun sintomo. La sindrome del 22q di per se, non è una malattia rara, infatti ha un’incidenza seconda solo alla sindrome down, quello che la rende “rara” è il fatto che sia quasi sconosciuta, da qui l’esigenza sentita dalle mamme di questi “bambini speciali” – così li chiamo io – di far conoscere la malattia attraverso questa giornata di “awareness” o sensibilizzazione.

In conclusione, che cosa si augura per tutti i malati psichiatrici?

Mi auguro che in futuro ci sia più comprensione grazie alla conoscenza e al progresso civile, che si riesca ad instaurare una legame di empatia con loro se non un vero e proprio rapporto, molti di loro subiscono i nostri preconcetti e ne soffrono enormemente mentre, quando invece nella maggior parte dei casi, basterebbe loro solamente un nostro sorriso.

Benedetta Tintillini

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