Gli Impressionisti del Detroit Institute approdano a Genova

I capolavori del Detroit Institute of Arts di artisti del 19esimo e 20esimo secolo come Van Gogh, Gauguin, Monet, Cézanne, Degas, Renoir, Matisse, Modigliani, Kandinsky, Picasso, saranno in esposizione dal 25 settembre prossimo e fino al 10 aprile nelle sale dell’Appartamento del Doge di Palazzo Ducale a Genova. La mostra è stata presentata a Roma nell’ambasciata statunitense, alla presenza dell’Ambasciatore Usa in Italia, John Philips, del Sindaco di Genova, Marco Doria, dall’assessore alla Cultura della Regione Liguria, Ilaria Cavo, e dal curatore del ”Dia”, Salvador Salort-Pons.

La mostra ‘Dagli Impressionisti a Picasso‘ rappresenta l’unica tappa europea per presentare al pubblico una collezione straordinaria. Per 200 giorni il Detroit Institute of Arts si trasferisce di fatto a Genova con una selezione di 52 capolavori, un’occasione unica per ammirare opere dei più grandi pittori del ‘900 nel loro periodo di massima espressione artistica.

”Sono molto felice di questo evento – ha detto l’ambasciatore Philips – perché rappresenta un’ulteriore rafforzamento dei legami culturali tra i nostri paesi, perché è un mostra di grande prestigio e perché, inoltre, a me piacciono moltissimo gli impressionisti”. Il sindaco Costa ha invece sottolineato quanto cresciuto sia il ruolo della sua città nelle iniziative culturali e come eventi culturali di questa portata non fanno altro che ”unire comunità e paesi”. ”Circostanze – ha spiegato Doria – che a noi soddisfano particolarmente sia perché i legami del nostro territorio con gli Stati Uniti sono già molto solidi, sia perché rafforzano il ruolo di Genova come città d’arte”.

La mostra consente di ripercorrere la storia dell’arte europea a cavallo tra Otto e Novecento, dall’Impressionismo a Van Gogh e Cézanne, dall’Ecole de Paris alle avanguardie storiche, dalle spinte verso l’astrattismo di Kandinsky sino alla eccezionale parabola artistica di Picasso, offrendo una rara occasione per osservare da vicino i grandi maestri che hanno rivoluzionato l’intera cultura mondiale.

Detroit è una delle capitali economiche degli Stati Uniti, storico centro dell’industria automobilistica, tanto da essere soprannominata ‘Motor City’: il Detroit Institute of Arts, fondato nel 1885 e più volte ampliato e rinnovato nel corso dei suoi 130 anni di storia, è da sempre l’epicentro della gloria cittadina. Già nei primi decenni del ‘900 il museo di Detroit era considerato l’avamposto e la principale via di accesso delle avanguardie europee negli Stati Uniti.

Per oltre vent’anni (1924-1945), il Detroit Institute of Arts è stato diretto dallo storico dell’arte tedesco William Valentiner. Grazie a lui, il museo si è aperto a nuovi orizzonti: il gusto e l’esperienza di Valentiner porta a Detroit i primi Van Gogh e Matisse esposti nei musei americani, e la competenza specifica sull’espressionismo tedesco, perfino l’amicizia personale con alcuni artisti, consente scelte di altissimo livello anche in questo campo. Il Detroit Insitute of Arts è dunque saldamente collocato tra i massimi musei degli Stati Uniti.

Le opere del Detroit Institute, che saranno a lungo esposte nell’appartamento del Doge presso il Palazzo Ducale di Genova, ripercorrono il tragitto all’inverso che da Detroit porta al Vecchio Continente. La ricchezza della collezione di arte europea tra 19esimo e 20esimo secolo è data dalla sua completezza e dalla molteplicità dei linguaggi.

Un dialogo che coinvolge Van Gogh, Matisse, Monet, Modigliani, Degas, Monet, Manet, Courbet, Otto Dix, Degas, Picasso, Gauguin, Kandinsky, Cézanne, Renoir. Per la presenza di tutti i protagonisti, e per l’importanza delle opere, è possibile tracciare l’intera vicenda dell’arte europea dall’impressionismo alle avanguardie.

Il percorso della mostra è costantemente accompagnato da supporti didattici che inseriscono dipinti, artisti e movimenti nella dinamica storica di cinquanta anni densi di capolavori, organizzati secondo un criterio cronologico. Si comincia con la grande sala in cui si racconta la nascita del movimento, dell’idea che ha cambiato per sempre la storia della pittura: l’impressionismo.

La volontà di aprirsi alla luce libera della natura è una conquista che passa attraverso il realismo intenso di Courbetcon ‘Bagnante addormentata presso un ruscello’ e le opere piacevolmente narrative di pittori ‘alla moda’ come Gervex e Carolus-Durand, per approdare alla gloria del colore di un capolavoro di Monet, i radiosi ‘Gladioli’ databili intorno al 1876.

Altrettanto significativo è il luminoso ‘Sentiero di Camille Pissarro’, che costituisce un autonomo, libero sviluppo dell’impressionismo, riflesso in un ampio paesaggio di campagna. Significativa è la presenza di tre opere affascinanti di Renoir, a cominciare dalla ‘Donna in poltrona’ che coincide con la prima mostra dell’Impressionismo (1874), per giungere a due opere della tarda maturità, ormai dopo la svolta dell’anno 1900.

Uno spazio autonomo, quasi una vera ‘mostra nella mostra’, è dedicato alla figura di Edgar Degas, di cui sono presenti cinque tele, in cui sono sviluppati tutti i temi fondamentali del grande pittore parigino: il ritratto, i cavalli, le inconfondibili ballerine. In ciascuna di queste tele si riconosce la grande perspicacia del disegno, con cui Degas fissa espressioni, gesti, sentimenti, con un percorso che è parallelo a quello degli impressionisti, ma anche di una grande, nobile autonomia.

Segue, subito dopo, un altro spazio monografico, quello che raccoglie quattro straordinari dipinti di Paul Cézanne. Anche in questo caso, le collezioni del museo di Detroit comprendono tutti i campi di ricerca del pittore: la figura umana, il paesaggio provenzale nei dintorni di Aix (con una delle ultime versioni della prediletta Montagna Sainte Victoire), la natura morta, le ‘Bagnanti nel bosco’.

All’opposto di Van Gogh, Cézanne non si lascia travolgere dai sentimenti, ma ritorna più volte sugli stessi soggetti, indagandone con pazienza la forma, e combinando il colore luminoso degli impressionisti con una rigorosa logica geometrica ben radicata nella tradizione.

La sala più grande della mostra affronta uno dei temi più delicati e significativo dell’arte di fine Ottocento: il superamento dell’impressionismo, e l’aprirsi di nuovi orizzonti. La figura-chiave è quella di Vincent Van Gogh, che trasferendosi in Francia ‘scopre’ la luce, e rispecchia una vicenda umana esaltante ma terribilmente sofferta in pennellate cariche di materia e di espressione.

‘La Riva della Oise ad Auvers’, del 1890, è un capolavoro che si impone per la esplosiva carica del colore, ma anche per le dimensioni significative. Indimenticabile è poi l’Autoritratto con il cappello di paglia (1887), un’esplosione di colore e di emozione, ma anche un primato assoluto: questa è la prima opera di Van Gogh esposta in un museo degli Stati Uniti. Immediato e molto intenso è il confronto con l’Autoritratto di Paul Gauguin (1893), meditabondo e un po’ sornione.

Alle dinamiche del postimpressionismo partecipano Pierre Bonnard, con l’incantevole ‘Donna con un cane’, e l’originalissimo Odilon Redon, la cui ‘Evocazione di farfalle’ è uno dei dipinti più suggestivi e sorprendenti di tutta la mostra. All’aprirsi del Novecento, Parigi si conferma il centro delle arti e della cultura. I pittori internazionali convergono sulle due leggere alture di Montmartre e di Montparnasse, alle estremità opposte rispetto al centro della Ville Lumiére.

Prendono corpo gruppi e avanguardie, ma nel suo insieme si parla di una École de Paris, la ‘scuola parigina’. Uno dei massimi protagonisti è Henri Matisse, presente in mostra con tre opere memorabili, fra cui l’indimenticabile ‘Finestra’ (1916), in cui un classico interno borghese viene scomposto in una serie di forme, tra la penombra e la piena luce. Appassionante è il dialogo con i tre ritratti (uno femminile e due maschili) di Amedeo Modigliani, il raffinato livornese, maestro indiscusso della linea, capace di evocare sentimenti segreti, con una intensità struggente.

Le tele dei francesi Dufy e Rouault e del bielorusso Soutine confermano la spiccata internazionalità del contesto artistico parigino nei primi due decenni del XX secolo. Il gruppo di capolavori delle avanguardie tedesche presenti a Detroit è senza paragoni nei musei nordamericani. Questa parte della mostra è quasi fisicamente dominata dall’Autoritratto di un ancora giovanissimo Otto Dix (1912), impressionante per la fermezza grafica e l’espressione decisa.

Accanto ad artisti di spiccata autonomia, come Nolde (Girasoli) e Kokoshka (davvero spettacolari le due vedute di Dresda e di Gerusalemme), ci saranno i protagonisti delle diverse tendenze in cui si articola il movimento espressionista in Germania. Il ‘Ponte’, con gli elettrizzanti Paesaggi di Kirchner e di Schmidt Rottluff, e le figure inquiete di Heckel e Pechstein.

Protagonisti saranno inoltre la ‘Nuova oggettività’ di Beckmann e infine la svolta geniale verso l’astrattismo, carico di colore e di emozione, impressa da Kandinsky, con il precoce ‘Studio per quadro con forma bianca’, del 1913. La sala monografica dedicata a Pablo Picasso presenta sei tele, in un percorso che attraversa in pratica l’intera vicenda dell’arte del Novecento, dalla giovanile ‘Testa di Arlecchino’ (1905) fino alla magmatica ‘Donna seduta’, dipinta nel 1960, quando Picasso era ormai alle soglie degli ottant’anni.

Da un capolavoro del Detroit Institute all’altro, si seguono le svolte, gli scatti geniali, il continuo dinamismo mentale del grande pittore spagnolo. Si parte dal periodo blu, ancora legato alle lezioni accademiche, e con il ‘Ritratto di Manuel Pallarés’ (1909) ci si ritrova sulle soglie della scomposizione cubista, una indagine sulle forme che si ispira chiaramente a Cézanne; la natura morta intitolata ‘La bottiglia di Anìs del Mono’ (1915) è una evoluzione di questa ricerca, con gli oggetti disposti liberamente nello spazio, riconducibili alle sagome e alle materie essenziali.

Sorprendente è il passaggio successivo, il ‘classicismo’ dei primi anni Venti, conseguenza di un viaggio in Italia: il grande ritratto di ‘Donna seduta in poltrona’ ne è un esempio di formidabile intensità e importanza. ‘La ragazza che legge’ (1938) porta poi nel clima stilistico di ‘Guernica’ (dipinta l’anno prima), con l’espressiva deformazione di visi e mani, pur senza perdere la forza intima del personaggio.

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