Alla scoperta delle Terre del Perugino: Piegaro

museo del vetro piegaro

di Monica Palermi

 

Nel Circuito delle Terre del Perugino, dove, nel corso del nostro viaggio, abbiamo già avuto modo di restare affascinati da Città della Pieve, Paciano e Panicale, arriviamo alla nostra ultima tappa: alla scoperta del borgo di Piegaro e della sua insolita storia, legata alla secolare produzione del vetro.

Il Museo del Vetro di Piegaro è una realtà particolare, nata dalla chiusura della prima sede dell’antica vetreria attiva fino al 1968. Chiaro esempio di archeologia industriale, presenta collezioni dal basso valore artistico, ma che raccontano la storia di oggetti d’uso quotidiano, dei quali abbiamo l’opportunità di capire la genesi e la lavorazione.

La cittadina di Piegaro ha una lunga tradizione vetraria, che risale almeno fino al 1300: fonti certe testimoniano come in questo luogo siano state realizzate, nel 1321, le tessere musive e le lastre destinate alle vetrate del Duomo di Orvieto. Dell’esistenza dell’edificio che ospita oggi il Museo, tuttavia, troviamo riscontro solo a partire dal 1500, quando compare nelle carte del catasto di Perugia. Nel 1800 la fabbrica è stata acquisita dalla famiglia Misciattelli, i marchesi del luogo, e l’ultima ristrutturazione dell’edificio ha voluto mantenerne l’aspetto ottocentesco

In seguito alle difficoltà causate dalle due Guerre Mondiali, la famiglia dei proprietari decise di chiudere l’azienda per mancanza di lavoro; gli operai, a quel punto, presero in mano la situazione, costituendosi in una cooperativa e rilevando l’attività per poter mantenere il loro lavoro, ma soprattutto una tradizione piegarese secolare, che tuttora sostiene l’economia del borgo. L’attuale fabbrica è ancora gestita dalla stessa cooperativa, nata nel 1960 e che si è successivamente trasferita nella nuova sede, nel 1968.

Il Museo ci mostra come il vetro veniva lavorato prima dell’avvento delle moderne tecnologie. La fornace, in seguito a un crollo del soffitto sovrastante, avvenuto durante il periodo di inattività, è stata scoperchiata e le tre bocche da cui fuoriusciva la colata di vetro fuso sono state ricollocate al loro posto originario. È possibile osservare la colata solidificata in un’altra stanza del complesso, dove è stata indirizzata al momento dello spegnimento della fornace. È interessante provare a entrare nei meccanismi che rendevano possibile il raggiungimento di elevatissime temperature, fino ai 1200-1300 gradi, necessarie per la fusione: il forno, alimentato a legna, aveva bisogno di essere aiutato da un complesso sistema di fumi.

La diffusione di impianti moderni e più tecnologici, come le macchine semiautomatiche e gli stampi, funzionanti ad aria compressa, è avvenuta intorno agli anni ’50 del ‘900: prima di allora, il vetro veniva modellato tramite la soffiatura a bocca. Questa tecnica manuale permetteva la creazione di oggetti di uso quotidiano, come i fiaschi dalla tipica forma tondeggiante, che sono tuttora osservabili nel Museo, e la cui visione ci avvicina a comprendere il funzionamento di un mondo in cui la bravura e la manualità degli artigiani era fondamentale per facilitare la vita di tutti i giorni. Una particolarità da menzionare, e che fa eccezione nel Museo, è la presenza di una collezione di nozze ottocentesca, risalente al matrimonio tra la figlia del precedente proprietario della fabbrica e il marchese Misciattelli, costituita da un servizio di bicchieri di cristallo bordati in oro zecchino e da piatti di Richard Ginori contrassegnati dallo stemma della famiglia nobile proprietaria. Altro ospite degno di nota, la riproduzione di una vetrata che si trova alla Galleria Nazionale dell’Umbria, realizzata dallo stesso artista autore di quelle del Duomo di Orvieto.

Col passare degli anni, grazie a una sapiente amministrazione e ai fondi ricevuti dalla regione, il Museo è stato indirizzato alla valorizzazione dell’artigianato, differentemente da altri musei italiani, e si propone di continuare a divulgare la conoscenza delle tecniche antiche di lavorazione del vetro, anche con la creazione di laboratori didattici. Quello di Piegaro, inoltre, è l’unico complesso museale di questo genere che si trova all’interno della fabbrica originaria.

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