Pendolaria 2018: il rapporto Legambiente sui trasporti ferroviari in Italia

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Non c’è da rallegrarsi sullo stato dei trasporti in Umbria, fanalino di coda con i suoi 2,6 euro di investimenti per abitante nel giro di un decennio; peggio ha fatto solo la Sicilia.

Lo sanno bene tutte le persone che si spostano giornalmente per ragioni di studio e di lavoro su e giù per le nostre due provincie, in Umbria i trasporti sono da terzo mondo. Spietato è il rapporto Pendolaria di Legambiente, che sottolinea, ancora una volta, le differenze tra il nord ed il sud del nostro stivale.

Il numero dei passeggeri in Italia aumenta, toccando quota 5,59 milioni e segnando un nuovo record rispetto al 2012 (+7,9% in 4 anni). Sono infatti 2 milioni e 874 mila coloro che ogni giorno usufruiscono del servizio ferroviario regionale e 2 milioni e 716 mila quelli che prendono ogni giorno le metropolitane, presenti in 7 città italiane, in larga parte pendolari. E per entrambi i numeri sono in crescita, come per l’alta velocità. Ma il paradosso c’è: diminuiscono i chilometri di linee disponibili e la crescita nasconde differenze rilevanti nell’andamento tra le diverse Regioni e tra i diversi gestori. In alcune parti del Paese la situazione è migliorata, mentre in altre è peggiorata e si è ampliata la differenza nelle condizioni di servizio, l’Umbria è tra queste ultime.

Il trasporto ferroviario soffre della riduzione dei finanziamenti statali, con una diminuzione delle risorse nazionali stanziate tra il 2009 e il 2018 pari a -20,4%, (che potrebbe diventare del 26,2% se confermato un taglio ulteriore di 300 milioni) mentre i passeggeri crescevano del 6,8%. Per i trasporti su gomma e su ferro si è passati da una disponibilità di risorse di circa 6,2 miliardi di euro a 4,8 miliardi nel 2019. Per quest’anno le risorse si sono ridotte di 56 milioni di euro, ma Legambiente lancia un allarme perché si potrebbe aggiungere un ulteriore taglio di 300 milioni, per una clausola di salvaguardia nella legge di Bilancio che ha buone probabilità di scattare vista la situazione economica. A quel punto le risorse in meno sarebbero oltre il 6%, rispetto allo scorso anno, con la conseguenza di vedere meno treni nelle Regioni. Regioni che già soffrono di scarsi o nulli investimenti. In Umbria, come sappiamo, si vive l’agonia senza fine della exFCU, un autentico dramma per i pendolari umbri perché questo servizio dopo essere stato bruscamente interrotto e con ritardo estremo solo parzialmente ripristinato (ma i treni viaggiano a una velocità inferiore a i 50 km/h!), ancora non ha una tempistica certa sull’effettivo recupero del servizio.  La vicenda  di questa linea inoltre non è solo di importanza regionale (collegamenti nord-sud ) ma riguarda anche il trasporto locale e la possibilità di sviluppo dei servizi metropolitani di Perugia e Terni, dove si concentra gran parte della domanda di trasporto sistematica (pendolare appunto) della regione che oggi si riversa sulla gomma (auto).

Permane poi storica la presenza del mancato raddoppio del collegamento ferroviario Orte-Falconara  tra le 26 opere, individuate da Legambiente, il cui completamento è di evidente interesse generale e di rilevante utilità per i pendolari. Il problema è che mancano le risorse per completarle.

L’Italia, insomma, è spaccata a metà, con 9 Regioni e le due Province autonome in cui i passeggeri sono aumentati e 10 in cui sono diminuiti o rimasti invariati. Cresce il numero di persone che prende il treno al nord – come in Lombardia (750mila), è triplicato dal 2001 in Alto Adige, raddoppiato in Emilia-Romagna, cresciuto di 60mila in Puglia. Perfino in Umbria, malgrado i tagli agli investimenti e gli aumenti tariffari consistenti, si è passati da 26.000 a 28.546 viaggiatori giornalieri (dal 2009 ad oggi) in una Regione dove nel 2017 addirittura nessuna risorsa aggiuntiva è stata spesa.

“Siamo una regione che basa la sua mobilità sull’utilizzo dell’auto privata, la dispersione urbana e i mezzi pubblici assenti o inefficienti ce ne rendono schiavi a tal punto che le nostre città, d’arte e di cultura millenaria, ne devono sopportare l’occupazione selvaggia, ne subiamo le conseguenze gravi alla salute con incidenti, polveri sottili e altri inquinanti, e sono la principale causa delle emissioni climalteranti della nostra regione – ha dichiarato Maurizio Zara, vice presidente di Legambiente Umbria – eppure nella nostra regione continuiamo ad agire pensando che si possa proseguire così, che non si debba cambiar rotta radicalmente investendo le poche risorse esclusivamente sui mezzi ferroviari, sul trasporto pubblico e sul rendere ciclabili e pedonabili i nostri centri urbani,  disincentivando l’uso e l’abuso dell’auto.”

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