Salute, buone notizie: fine dell’isteria contro i danni dei grassi saturi

burro, margarina, crema di arachidi

Un nuovo studio britannico

riabilita i grassi saturi: “danni non dimostrati”

 

Il Regno Unito ha lanciato da decenni una crociata per quella che viene ritenuta un’alimentazione corretta, al punto che l’anno scorso è stata introdotta un’etichettatura nutrizionale basata sui semafori che indicano con il rosso gli alimenti con alti contenuti di zuccheri e grassi saturi, tra cui prodotti del made in Italy come olio, formaggi e dolci. Ora, pero’, uno studio britannico dell’Universita’ West of Scotland di Hamilton ha rimesso in discussione i presupposti scientifici di quella crociata e ha avuto grande eco sui media britannici. La ricerca del team guidato da Zoe Harcombe, pubblicata sulla rivista scientifica Open Heart, sostiene che la condanna dei grassi saturi, risalente agli anni ’70 e ’80, “ha una bassa qualità scientifica e contiene seri rischi di tesi prevenute”. Per lo studio le linee guida dei decenni passati si fondavano infatti su una serie di principi mai dimostrati veramente che hanno alimentato una certa “isteria” contro i grassi di una parte del mondo scientifico.

L’articolo è stato subito rilanciato dai giornali inglesi, con il “Guardian” che ha titolato “I grassi non sono la radice di tutti i mali” in cui si ricorda che la dieta mediterranea è considerata ottimale e si invita a non criminalizzare i singoli ingredienti ma a guardare a una dieta nel suo insieme. Del resto il semaforo in etichetta ha il paradosso di “bloccare” alimenti come l’olio extravergine di oliva e di lasciar passare le bevande gassate senza zucchero.

Public Health England, l’agenzia pubblica inglese per la salute, ha poi ribadito che l’apporto di grassi andrebbe limitato al 30% delle calorie ingerite quotidianamente e che di questi solo il 10% dovrebbe essere di tipo saturo. Raccomandazioni che non trovano però un sostegno unanime a livello internazionale. Lo scorso 26 gennaio e’ stato approvato all’Organizzazione mondiale della sanità un emendamento italiano al testo che traeva le conclusioni della Seconda conferenza internazionale sulla nutrizione (ICN2, svoltasi a Roma lo scorso novembre), con il quale si richiede che le raccomandazioni dell’Oms debbano essere supportate da prove scientifiche “robuste”. Sempre per quanto riguarda l’Oms, l’Italia ha protestato perché le linee guida che l’organizzazione vorrebbe pubblicare sugli zuccheri (secondo cui bisognerebbe ridurne il consumo al 5% del totale delle calorie giornaliere ingerite) avrebbero una bassa evidenza scientifica, essendo basate su studi sulle carie in Giappone fatti durante la Seconda guerra mondiale, quando non c’era disponibilità di zucchero.

 

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