Sommerso turistico al Trasimeno: oltre 380 le “strutture ricettive fantasma”

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Sono 620 – tra appartamenti privati locati a uso turistico, B&B, affittacamere e al netto degli alberghi – le strutture ricettive degli otto Comuni del Trasimeno che si promuovono sul web, solo tenendo conto dei dati che emergono dal portale Airbnb.

Al 31 marzo 2018, però, l’elenco ufficiale della Regione Umbria ne censiva appena 240, nei Comuni di Castiglione del Lago, Città della Pieve, Magione, Paciano, Panicale, Passignano, Piegaro e Tuoro.

Anche nel territorio del Trasimeno, dunque, il sommerso turistico è un fenomeno particolarmente esteso. Più che opportuni, dunque, i controlli che in questi giorni sta effettuando la Guardia di Finanza, ma molto di più i Comuni potrebbero fare.

Confcommercio Umbria e Federalbeghi, che monitorano costantemente l’offerta turistica umbra presente sul web, dispongono di elementi conoscitivi specifici e sono disposti a condividerli con i Comuni del Lago che vogliano affrontare con decisione il fenomeno. Un fenomeno che deve essere fatto emergere, e che deve essere sottoposto agli stessi controlli e alle stesse regole valide per tutti coloro che operano alla luce del sole. Imposta di soggiorno compresa, con evidenti e immediati benefici per le casse comunali.

La Regione Umbria, accogliendo le richieste di Confcommercio e Federalberghi, ha già disposto l’obbligo della registrazione al SUAPE per gli appartamenti privati per affitti temporanei ai turisti.

Ora tocca ai Comuni attivare i controlli per limitare i danni che il sommerso turistico è in grado di produrre in termini di minore sicurezza sociale, evasione fiscale e contributiva, lavoro nero, mancata tutela dei consumatori. Per limitare i danni enormi provocati alle strutture che operano nella legalità, e agli stessi Comuni, se si pensa solamente ai mancati incassi relativi all’imposta di soggiorno, e al buco di risorse che potrebbero essere destinate proprio a sviluppare il settore turistico.

“Questo tipo di abusivismo – commenta Monica Migliorati, dirigente Confcommercio Umbria e imprenditrice del territorio – danneggia tutti, non solo gli operatori. Ci si chiede quali siano gli standard di professionalità e di qualità offerti agli ospiti. Su questa emergenza vanno attivati al più presto i necessari controlli e tavoli di confronto”.

Nato sull’onda della Sharing Economy, il sommerso nel turismo, sostengono da tempo Confcommercio e Federalberghi, si sta configurando sempre di più come Shadow Economy, poiché sfugge a qualsiasi registrazione e controllo.

E’ stato già dimostrato che molti host sono in realtà grandi società immobiliari e non semplici cittadini che arrotondano. In Europa in alcuni casi sono corsi ai ripari, limitando la possibilità di affittare le case ai turisti. Negli Stati Uniti, a San Francisco dove Airbnb è nata, il Comune è riuscito a farsi consegnare dalla piattaforma web i dati degli host, per poter governare il fenomeno e colpire l’evasione fiscale.

“La Regione Umbria ha già dato un segnale importante dettando le regole – affermano Confcommercio e Federalberghi – ora bisogna applicarle per arginare l’illegalità e la concorrenza sleale in uno dei settori più importanti per l’economia regionale”.

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