E’ morto Arnaldo Pomodoro, il mondo dell’arte perde uno dei suoi protagonisti più influenti e amati.
Con la scomparsa di Arnaldo Pomodoro, l’Umbria perde una delle figure artistiche più significative del Novecento: un artista capace di dialogare con la storia, l’architettura e il paesaggio, lasciando nella regione un patrimonio scultoreo di straordinario valore. Se il suo nome è universalmente legato alle celebri Sfere bronzee che hanno segnato il volto urbano di città in tutto il mondo, è in Umbria che alcune sue opere hanno trovato terreno fertile per raccontare una riflessione profonda sul sacro, la materia e la memoria.
Già nel 1962, Pomodoro aveva segnato il suo legame con l’Umbria grazie a “La Colonna del viaggiatore”, realizzata per la celebre mostra Sculture in città a Spoleto, curata da Giovanni Carandente. Fu la sua prima opera di grande dimensione, quella che segnò il passaggio decisivo verso la scultura volumetrica. Al termine della mostra, l’artista volle donarla alla città: un gesto che oggi acquista ancora più valore simbolico.
Nel 1995, fu la volta di Terni, dove Pomodoro realizzò “Lancia di Luce”, un obelisco monumentale in acciaio, cromo e rame. L’opera, collocata nel cuore urbano della città, è diventata emblema della vocazione industriale e tecnologica del territorio, un omaggio alle sue storiche acciaierie.
Il suo impegno verso la diffusione dell’arte contemporanea si è concretizzato anche in ambito culturale. Nel 2021, la Fondazione Arnaldo Pomodoro ha collaborato attivamente alla seconda edizione del Festival delle Arti e al Todi Festival, rendendo omaggio al Maestro con installazioni di rara potenza visiva. Quattro Stele (1997–2000) hanno trasformato per giorni Piazza del Popolo, mentre i cinque Scettri (1987–1988) hanno arricchito i Giardini Oberdan: tutte opere concesse in comodato d’uso gratuito alla città.
Anche nel dialogo tra arte e architettura, Pomodoro ha lasciato un segno indelebile in Umbria. Presso la Tenuta Castelbuono, nelle campagne tra Bevagna e Montefalco, ha ideato “Il Carapace”, un edificio-cantina unico nel suo genere, a forma di cupola rivestita in rame, che sembra emergere dalla terra come un gigantesco organismo vivente. Accanto ad esso si staglia “Il Dardo”, una scultura rossa appuntita che si conficca nel terreno, segnalando la presenza del luogo con forza simbolica e visiva.
Arnaldo Pomodoro ha saputo trasformare l’Umbria in uno dei suoi scenari privilegiati, intrecciando memoria, materia e paesaggio in un racconto visivo di rara coerenza e potenza. La sua eredità nella regione va oltre la materia delle sue opere: è un invito costante alla contemplazione, alla riflessione sul tempo e sul ruolo dell’uomo nello spazio. Un saluto riconoscente va a chi, come lui, ha saputo scolpire l’invisibile.
Benedetta Tintillini