Antoniazzo Romano e Montefalco, intervista ad Antonio Paolucci

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di Benedetta Tintillini

 

Un nuovo evento di assoluto rilievo riporta alla ribalta Montefalco ed il suo Museo. La mostra “Antoniazzo Romano e Montefalco” è stata inaugurata lo scorso 10 dicembre e sarà visitabile fino al prossimo 7 maggio 2017.

Due opere di Antoniazzo a confronto: due pale, tutte e due dipinte a Roma, una per la chiesa di Santa Maria del Popolo, ora appartenente al Museo di Montefalco e raffigurante, in origine, San Vincenzo da Saragozza, Santa Caterina e Sant’Antonio da Padova, la seconda proveniente dalla basilica di San Paolo Fuori le Mura di Roma, raffigurante la Madonna con Bambino tra i Santi Benedetto, Paolo, Pietro e Giustina.

La mostra è stata realizzata grazie alla collaborazione, ormai consolidata, tra Montefalco ed i Musei Vaticani nella persona del loro Direttore, il prof. Antonio Paolucci, che ci racconta la figura e l’arte di Antoniazzo Romano, indiscusso protagonista del panorama artistico Quattrocentesco.

Professor Paolucci, ci racconti, chi era Antoniazzo Romano?

Nella Roma del Quattrocento Antonio Aquili, detto Antoniazzo Romano perché di Roma, è stato una figura di assoluto rilievo per il ruolo assai importante che rivestiva nella corporazione degli Artisti. Con le sue conoscenze in alto loco nella curia romana non c’era pittore che, arrivando a Roma per prestare i propri servigi, non dovesse rivolgersi a lui per le giuste entrature. Era un formidabile organizzatore e coordinatore dal peso politico veramente notevole, e si mise anche in società con diversi artisti come Pier Matteo d’Amelia e Melozzo da Forlì.

Quali sono le peculiarità dell’arte di Antoniazzo?

Antoniazzo è un pittore che, anche grazie alla sua posizione, entrò in contatto con i maggiori artisti del suo tempo, riuscendo a prendere il meglio dall’arte di ognuno. Un po’ come una spugna assorbì gli stili dei protagonisti della sua epoca chiamati a Roma da papa Sisto IV per lavorare alla Sistina, come Ghirlandaio, Piero della Francesca, il cui influsso è molto forte nella pala di Montefalco, Perugino, Signorelli, Bartolomeo della Gatta, per citare i maggiori.

Quindi, “rubando” dagli altri artisti dell’epoca, Antoniazzo non possiede un proprio codice artistico?

Non è assolutamente così. Antoniazzo possiede il suo codice artistico perché assorbe il meglio e lo trasfigura secondo una maestà e monumentalità sua tipica, come se in lui vivesse ancora la nostalgia della Roma paleocristiana e bizantina: tutto questo fa lo stile di Antoniazzo Romano, che è uomo del Quattrocento, ma nostalgico della Roma antica e ieratica.

La pala del Museo di Montefalco ha una particolarità: è stata restaurata in modo da lasciar trasparire le modifiche che l’opera ha subìto nel tempo, lei approva questo tipo di restauro?

Trovo tale restauro, che permette una doppia lettura, un’operazione molto intelligente, perché non ha voluto cancellare la nuova redazione che il quadro ha avuto quando, da Santa Maria del Popolo, è stato portato a Montefalco nella chiesa di Santa Illuminata, ma al tempo stesso è stato capace di far trasparire, facendola riemergere, l’antica iconografia originaria. Santa Illuminata si capisce benissimo fosse una Santa Caterina, le due iconografie coesistono e chi guarda può capire le mutazioni che l’opera ha subìto nel tempo.

E’ una gioia vedere quanto felicemente continui la sua collaborazione con Montefalco.

Sono lieto di averla inaugurata tre anni fa con l’acquisizione della lettera autografa di Benozzo Gozzoli da parte del Museo, con piacere sta continuando con successo prima con la Madonna della Cintola ed ora con Antoniazzo Romano, e mi auguro che possa continuare ancora per gli anni a venire.

 

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