Beni culturali: le nuove rotte delle opere d’arte trafugate dall’Italia

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Il Generale Roberto Riccardi, Comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, ha svelato i cambiamenti delle rotte delle opere d’arte trafugate, intervenendo alla XXII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum

Diminuiscono i colpi nei musei, perché in queste strutture aumenta la sicurezza. Le nuove destinazioni delle opere trafugate in Italia sono i Paesi dell’Est. Il giro d’affari è di 6 miliardi e mezzo all’anno, di cui il 40% con gli Stati Uniti, il 20% con la Cina, poi con il Regno Unito, che resta una meta finale storica delle opere d’arte rubate. In generale sono i nuovi ricchi della terra i nuovi acquirenti al nero dell’arte italiana.

Riccardi ha ricordato che dopo il sisma del 2016 in Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo, sono stati recuperati 30mila euro di beni culturali. “Il patrimonio è il dono dei padri. Dobbiamo esserne degni, perché dobbiamo consegnarlo almeno intatto. Noi Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio siamo 300 – scherza il Generale Riccardi nel dare un messaggio molto importante a Paestum – e questo numero mi ricorda la battaglia delle Termopili e lo sbarco di Pisacane. Sappiamo come andarono a finire entrambe. Noi abbiamo bisogno di tutto il popolo italiano per vincere questa battaglia e riportare in salvo tutte le opere d’arte trafugate. Non difendere l’arte – conclude – è disonorare tuo padre e tua madre”.

Il Generale Riccardi ha presentato poi la sua ultima opera, dal titolo “Detective dell’arte. Dai Monuments Men ai Carabinieri della Cultura”, edito da Rizzoli, e ha ritirato il Premio Paestum “Mario Napoli” per conto del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Giovanni Nistri, premiato per il suo straordinario impegno, non solo relativo alle funzioni svolte nell’ambito del Comando, ma per aver contribuito con il “Grande Progetto Pompei” alla realizzazione di una best practice riconosciuta a livello internazionale.

Molto suggestiva è stata la presentazione del libro. Nel 1969 avvenne il clamoroso furto della “Natività” di Michelangelo Merisi da Caravaggio nell’oratorio di San Lorenzo a Palermo. È questo, forse, il dipinto più ricercato al mondo: “Il number one. Most wanted” delle opere d’arte trafugate ha detto il Generale Riccardi. Che ancora è in ostaggio di chi lo trafugò, o di altri ignoti. Tanti i misteri che circondano questo furto: “Di certo – ha spiegato Riccardi – C’è solo che il quadro manca. Un’altra certezza è che continueremo a cercarlo, finché ci saremo”.

Ma il 1969 è anche l’anno nel quale nacque il primo Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Artistico. Tra le altre grandi opere di cui Riccardi ha raccontato, c’è il Cratere di Eufronio, che venne trafugato da Cerveteri negli anni Settanta e attraverso una serie di peripezie, finì al Metropolitan Museum di New York dal quale è stato riportato in Italia nel 2008. Il Generale Riccardi ha raccontato che in queste occasioni, una volta individuata l’opera, deve scattare la diplomazia culturale, per affiancare il lavoro dei Carabinieri. In poche parole, intervengono il Ministero dei Beni culturali, il Ministero della Giustizia, l’Avvocatura dello Stato, tutti siedono al tavolo con chi è in possesso dell’opera. Nel caso del Cratere di Eufronio, con il Metropolitan Museum di New York. Ottenere la restituzione è un traguardo.
“Il problema dei cosiddetti tombaroli – ha raccontato ancora Riccardi – è un impoverimento, perché il bene torna comunque decontestualizzato”. “Il problema dei falsi – ha spiegato – è in genere una guerra tra periti. Se non si risolve, intervengono i RIS, che studiano i materiali, i colori, i pigmenti. Spesso un’incongruenza tra date può portare all’accertamento”. La Tavola Doria di Leonardo o di Francesco Morandini è tornata nel 2012, una delle grandi operazioni del Nucleo. Riccardi ha concluso con una considerazione sullo stretto rapporto tra arte e follia: “Chi vede con occhi diversi, vede cose diverse”.

“L’attuale situazione politica rischia di condizionare fortemente il nostro lavoro: la Brexit e l’uscita dall’Europa ci pone non solo un problema sotto il profilo legislativo, dal momento che finora la legislazione di riferimento è stata quella comunitaria, ma soprattutto rischiamo di non aver più archeologi a sufficienza nel Regno Unito. Potrebbero esserci molte ripercussioni sul modo in cui operiamo, delle abilità disponibili e sul profilo della tutela. Per questo stiamo facendo pressioni sul Governo e sul Parlamento per capire se e come potremo continuare a impegnare queste risorse umane importantissime e per continuare il nostro lavoro a sostegno del futuro dell’archeologia”.

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