Biblioteca Comunale di Todi: la presa di posizione dell’A.I.B.

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Ricordate? A dicembre 2017 avevamo denunciato un tentativo di censura sulle collezioni della Biblioteca comunale di Todi e avevamo esortato l’amministrazione locale a preoccuparsi piuttosto di sostenere l’egregio lavoro di quella Biblioteca per tutte le fasce di pubblico non solo locale. Si tratta infatti di una biblioteca che finora, oltre a valorizzare nel modo migliore possibile il patrimonio storico (comprendente anche numerosi manoscritti e cinquecentine) e ad aggiornare secondo i migliori standard biblioteconomici le raccolte e i servizi, partecipa a importanti attività nazionali, da Manus online a SBN a Nati per leggere, e svolge innumerevoli programmi di promozione del libro e della lettura per tutte le fasce di pubblico, tanto da avere registrato un’affluenza nell’ultimo anno di oltre 12.000 frequentatori. In una città di scarsi 18.000 abitanti come Todi e in una nazione dove, secondo un’indagine ISTAT, la media dei frequentatori delle biblioteche è del 15%, si tratta di un dato estremamente lusinghiero, di cui rendere merito anzitutto alla direttrice della struttura, Fabiola Bernardini, ringraziando il cielo che tra le risorse umane del Comune operi una bibliotecaria in possesso di elevate competenze, comprovate anche da numerose pubblicazioni, e animata da una straordinaria motivazione al lavoro che le ha permesso di conseguire questi risultati a dispetto della esiguità del personale assegnato alla struttura.

Bene. Il 7 giugno abbiamo appreso, dall’Albo pretorio comunale di Todi, che con delibera di giunta n. 157 del 24 maggio 2018, è stato approvato un “nuovo assetto organizzativo della macrostruttura dell’ente” ove tra l’altro si dispone il trasferimento della direttrice della Biblioteca Fabiola Bernardini al Servizio Urbanistica.
Ammetterete che è davvero arduo capire come sottrarre alla Biblioteca una professionalità infungibile (Berardini tra l’altro è esperta in codicologia e catalogazione di manoscritti e libri antichi) e incardinarla nel Settore Urbanistica possa rispondere alle esigenze dichiarate nella delibera di “meglio corrispondere alle esigenze della collettività amministrata”, “…. Ottimizzando le potenzialità e competenze del personale in servizio” e, purtroppo, nella corposa documentazione allegata all’atto non è dato trovare alcuna plausibile risposta a questo interrogativo. Né è dato capire come l’amministrazione comunale, privando la Biblioteca dell’unica risorsa in organico in possesso di adeguate competenze, pensi di poter rispettare quanto disposto dall’art. 9-bis del Codice dei beni culturali sui profili da preporre ai servizi bibliotecari.

Nel silenzio delle carte, il fatto ha proprio tutta l’aria della solita forma di censura indiretta che ha sempre colpito le biblioteche in tutte le epoche storiche: si fa in modo che muoiano in sordina togliendo ad esse autonomia e risorse, a cominciare dai bibliotecari provvisti di etica professionale. Piegare le persone con misure burocratiche apparentemente neutrali è infatti la forma più diffusa ed efficace di censura: passa il più delle volte in sordina e opera da esempio nei confronti di tutti gli altri dipendenti, affinché si conformino all’ideologia aziendale.

Un paradosso delle biblioteche pubbliche è però che esse non nascono per rispondere all’ideologia aziendale: questi istituti esistono per promuovere libertà di espressione, confronto delle idee, pensiero critico e, per rispondere alla loro funzione, i bibliotecari dovrebbero basarsi unicamente su criteri ispirati alla deontologia e alla metodologia professionale di selezione e organizzazione delle raccolte e dei servizi, non sulle idiosincrasie dei governanti di turno che pure hanno il potere di disporre dei loro finanziamenti e delle loro dotazioni.

Il caso di Todi – prima la censura sulle raccolte, poi il trasferimento della bibliotecaria – dimostra che, sebbene i governi locali e nazionale siano tenuti al rispetto della Costituzione e delle leggi della Repubblica italiana, a molti amministratori sfugge il nesso tra questi obblighi e quello di assicurare un servizio bibliotecario coerente con i valori del pluralismo e della democrazia partecipativa.
È vero che in Italia non esiste uno standard (una legge!) nazionale che possa chiarire le idee a tutti e prevenire storture, ma un fondamentale documento di riferimento è il Manifesto IFLA/UNESCO sulle biblioteche pubbliche (<https://www.ifla.org/files/assets/public-libraries/publications/PL-manifesto/pl-manifesto-it.pdf>), ove si incoraggiano i governi a sostenere questi istituti impegnandosi attivamente nel loro sviluppo e, nell’indicare i requisiti minimi delle raccolte e dei servizi bibliotecari, si afferma: “I materiali devono riflettere gli orientamenti attuali e l’evoluzione della società, così come la memoria dell’immaginazione e degli sforzi dell’uomo. Le raccolte e i servizi non devono essere soggetti ad alcun tipo di censura ideologica, politica o religiosa, né a pressioni commerciali”.

In nome di questi valori fondamentali, l’AIB chiede che il Comune di Todi annulli o revochi il provvedimento in questione e a questo scopo intende mobilitare, in Italia, in Europa e sul piano internazionale, tutte le associazioni della società civile interessate alla difesa della libertà di espressione e degli istituti che la incarnano.

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