Il nuovo rapporto The Killing 3.0 di BirdLife e EuroNatur denuncia l’assenza di progressi nella lotta al bracconaggio in Europa verso l’obiettivo 2030. Italia tra i peggiori: preoccupano richiami vivi e lacune nei controlli.
Abbattuti, intrappolati, avvelenati. Ogni anno, milioni di uccelli vengono uccisi illegalmente in Europa e nel Mediterraneo, nonostante gli impegni sottoscritti a livello internazionale per ridurre drasticamente il fenomeno entro il 2030. A cinque anni dalla scadenza del Piano strategico di Roma, l’allarme è alto: il nuovo rapporto The Killing 3.0, pubblicato da BirdLife International ed EuroNatur, traccia un bilancio desolante e chiama all’azione.
L’indagine ha analizzato 46 Paesi, 22 dei quali si affacciano sul Mediterraneo. Solo 8 stanno attuando misure concrete per contrastare il bracconaggio. Gli altri 38, tra cui l’Italia, risultano in forte ritardo rispetto agli obiettivi. “Il profitto resta il principale motore dell’uccisione illegale – si legge nel rapporto – mentre in molti casi la situazione è persino peggiorata rispetto agli anni precedenti”.
Tra le specie più minacciate spicca la tortora selvatica, considerata “vulnerabile” dalla Lista Rossa IUCN: ogni primavera migliaia di esemplari vengono abbattuti illegalmente in Grecia. Il capovaccaio, piccolo avvoltoio dei Balcani, è minacciato dall’uso di esche avvelenate. E il cardellino, uccello canoro comune ma in declino, viene ancora catturato per il commercio illecito nel Mediterraneo.
In Italia, denuncia la Lipu, nonostante l’approvazione nel 2017 di un Piano nazionale contro i reati sugli uccelli selvatici, poco è stato fatto. “Le azioni più importanti sono rimaste sulla carta – afferma Giovanni Albarella della Lipu – come l’aumento dei controlli sul territorio e sanzioni più severe. La zona delle Prealpi lombardo-venete resta una delle più critiche d’Europa”.
Il nostro Paese, ponte migratorio tra Europa e Africa, resta uno dei punti caldi del bracconaggio. In particolare, preoccupa la pratica della cattura e del commercio di richiami vivi: uccelli sottratti alla libertà per essere usati come esche, spesso in condizioni di forte stress e sofferenza.
“L’uccisione illegale di uccelli – sottolinea Barend van Gemerden di BirdLife – non è solo un crimine contro la fauna, è una tragedia transfrontaliera. I progressi di conservazione in un Paese possono essere vanificati dalle stragi in un altro. Serve un’azione europea coordinata e urgente”.
Non tutto, però, è perduto. Spagna e Cipro, ad esempio, hanno mostrato che risultati significativi sono possibili con volontà politica e risorse adeguate.
Il rapporto The Killing 3.0 lancia un messaggio chiaro ai governi riuniti in questi giorni per la revisione degli impegni presi: “Il tempo delle promesse è finito. Senza azioni urgenti e concrete, il costo sarà altissimo: milioni di uccelli scompariranno dai nostri cieli”.