Coronavirus. Un mese a casa: come siamo cambiati

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Ad un mese dalla quarantena forzata da coronavirus proviamo a riflettere sui repentini cambiamenti sociali (positivi) ai quali l’umanità è stata improvvisamente indotta.

Un mese in casa e almeno altre due settimane in questa condizione. Non vi è dubbio che questo lockdown causato dal coronavirus, che riguarda quattro miliardi di persone, stia provocando dei cambiamenti sociali. Provo a dare qualche spunto di riflessione.

Dopo un mese di deserto umano da coronavirus fuori di casa qualcosa d’importante sta succedendo: la natura si sta riprendendo i suoi spazi. Le piante si stanno impadronendo delle strade e l’erba cresce copiosa nei giardini. Gli animali liberi in modo plateale stanno occupando le città. Qualche esempio?  Le anatre a spasso nelle strade o che sguazzano nelle fontane della Capitale, i delfini che saltano nei pressi delle coste e nei porti, come succede a Cagliari. Lepri e cinghiali nei parchi di Milano. Le acque dei laghi e dei fiumi stanno tornando chiare e, dall’alto, la Pianura Padana, che con sgomento abbiamo scoperto essere l’area più inquinata d’Europa, sembra tornata quella di qualche secolo fa.

Le città vuote, i condomini affollati e le case piene di persone che convivono, speriamo senza troppe difficoltà. Le persone si chiamano al telefono e si parlano dai balconi. Cantano, fanno musica e salutano chiunque passi. Il ragioniere che vive nella casa accanto e che non mi ha mai salutato, da un mese mi sorride chiedendomi se ho bisogno. Ne sono entusiasta.

E’ scoppiata la solidarietà e la frase del Papa, già titolo di un ottimo libro e di un buon film, “nessuno si salva da solo”, è diventata virale, così come lo slogan napoletano della spesa sospesa “chi ha metta, chi non ha prenda”. Nelle città e nei paesi fioriscono iniziative di spesa a domicilio, raccolte alimentari e linee telefoniche di sostegno psicologico. Molte persone pur di uscire da casa e impiegare il tempo sono diventati volontari di una grandiosa macchina della solidarietà. Perfino la rigida economia europea si sta commuovendo e forse ci lascerà qualche euro.

Poco fa la tv ha cominciato a raccontare che tra due, o al massimo tre settimane, torneremo progressivamente ad uscire. Forse il peggio sta passando, anche se i diciottomila italiani che ci hanno rimesso la vita non torneranno. Per fortuna riprenderemo la vita di sempre nel giro di qualche mese e forse è il momento di chiedersi se vogliamo tornare ad essere quelli di prima, ovvero quelli che la solidarietà non sposta nulla. Quelli che l’ambiente non è un problema mio. Quelli che la furbizia non è male se mi fa star meglio. Quelli che la natura tanto si riprende sempre. Quelli che i migranti portano malattie e furti. Oppure resteremo almeno in parte quelli che siamo diventati durante la quarantena planetaria: solidali, attenti ai problemi del vicino, creativi e disinteressati. In una parola più umani e attenti ai problemi del cambiamento climatico e dell’inquinamento del pianeta, problemi che forse, scopriremo, sono in qualche modo legati alla pandemia del Covid 19.

Giuseppe Manzo

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