Operazione IGEA: l’Esercito Italiano nella lotta al Covid 19

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Dalla scorsa settimana, i tamponi per stabilire la negatività o positività al Covid 19 li eseguono i Sanitari dell’Esercito Italiano. In Umbria sono tre i Drive-through presenti a Perugia, Bastia Umbra e Terni. Pochi conosceranno l’operazione IGEA partita intorno al 20 ottobre, voluta fortemente dal Ministro Lorenzo Guerini, che mette a disposizione circa 1400 unità, distribuite in 200 team, in grado di eseguire fino a 30.000 tamponi al giorno. E’ questo il contributo dell’Operazione Igea, condotta da team interforze, composti da personale di tutte le Forze Armate, che il Ministero della Difesa ha messo a disposizione dei cittadini su tutto il territorio nazionale per incrementare la capacità giornaliera del Paese di effettuare tamponi.

Ma capiamo meglio quali sono i compiti della sanità militare in questa emergenza sanitaria attraverso le parole di Antonio Gentile, Responsabile della Associazione Nazionale PROSANFAP (Professioni Sanitarie delle Forze Armate di Polizia). “Uno dei compiti dell’Esercito Italiano, definita quarta missione, è di dare supporto allo Stato in casi di calamità e di crisi, per esempio, in occasione dell’ultimo terremoto, i militari hanno messo in atto presidi antisciacallaggio. Noi interveniamo dando un aiuto importante ma è una goccia rispetto a quello che fanno i dottori e infermieri”.

Quando non ci sono particolari calamità o allerte cosa fa la sanità militare?

La sanità militare quando non c’è questa emergenza lavora all’interno delle caserme.

E’ importante questa collaborazione fra sistema sanitario nazionale e la sanità dell’esercito?

Sì è molto importante e credo che sarebbe  auspicabile un lavoro congiunto così che le due realtà siano sovrapponibili in alcuni abiti come le terapie intensive, pronto soccorso o il 118. Questo si chiama  duplice uso sistemico che permetterebbe una razionalizzazione dei mezzi e degli uomini.

Ma nella prima ondata del Covid a marzo non siete scesi in campo?

Nella prima ondata solo una parte del personale sanitario militare è stato impiegato sul territorio e negli ospedali, mentre la restante è rimasta a disposizione a casa per causa di forza maggiore. È con questa seconda ondata che l’impiego è stato completo in tutte le regioni italiane. Noi siamo abituati ad essere operativi.

I sanitari militari, dice il codice dell’ordinamento militare, “devono unire alle peculiari capacità professionali le migliori virtù militari” ovvero si veste la doppia divisa. Siamo contenti di poter dare respiro al personale sanitario in questo periodo di pandemia”.

Qual è la differenza tra l’impiego nelle missioni internazionali e quello nell’emergenza covid?
Nei teatri operativi all’estero come in Afghanistan e in Iraq, gli Infermieri e i medici militari sono da soli a fronteggiare le esigenze di salute dei commilitoni e a loro è richiesta elevata capacità di intervento in tutti i campi: dalla medicina internistica, all’emergenza sanitaria, all’igiene e sanità pubblica. Nell’emergenza covid 19 tale personale è chiamato a farsi carico di un piccolo pezzo della rete della lotta alla pandemia in collaborazione con i Servizi Sanitari Regionali e i colleghi civili.

Donatella Binaglia

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