Site icon Umbria e Cultura

L’esperienza del Covid-19 all’ospedale di Terni: intervista al dottor Palumbo

covid-19

Si è chiusa anche per l’ospedale di Terni la prima fase dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Se a marzo si parlava solo di positivi e di ricoveri, di ventilatori e di terapie intensive e si iniziavano a contare i primi decessi, da fine aprile il riscontro di nuove positività tende allo zero, molti dei pazienti sono stati dimessi virologicamente negativi. Ad illustrare la situazione dell’ospedale di Terni  è il dottor Michele Palumbo, responsabile della clinica di Malattie infettive.

Cosa è successo all’ospedale di Terni in questa prima fase dell’emergenza sanitaria?

L’Azienda ospedaliera di Terni dal 1 marzo al 30 aprile ha assistito 94 pazienti con test molecolare positivo al Covid, di cui 32 hanno avuto necessità di assistenza respiratoria in rianimazione e 16 sono deceduti. Al 30 aprile, dei 94 pazienti assistiti 46 sono stati dimessi guariti e 9 sono stati dimessi clinicamente guariti.

In base alla sua esperienza quanto dura mediamente tutta la fase della malattia?

In base ai casi gestiti  il virus è determinabile per un periodo che varia dai 20 ai 45 giorni. Dei 46 pazienti dimessi guariti, 30 erano stati ricoverati a causa dell’insorgenza di sintomatologia acuta, 19 sono guariti in 20-30 giorni, 11 hanno superato i 30 giorni con un massimo di 45. In ogni caso anche dopo la malattia, soprattutto per chi ha sofferto di una infezione grave, il ritorno alla normalità può richiedere diverso tempo.

Il consiglio superiore di sanità per il Covid distingue la guarigione clinica da quella completa. Che cosa si intende e che cosa comporta?

Si parla di guarigione completa quando la scomparsa della febbre e il recupero della funzionalità respiratoria si associano alla negatività virologica accertata con due test molecolari a distanza di 24 ore. In questo caso il paziente può essere dimesso e tornando casa dovrà  rispettare le indicazioni valide per tutta la popolazione.

Per guarigione clinica, invece, si intende la scomparsa della febbre e il recupero della funzionalità respiratoria ma con persistenza della positività del test molecolare. Il paziente anche con la guarigione clinica può essere dimesso a domicilio in accordo con i Servizi di Igiene del territorio che verificheranno l’idoneità del domicilio e lo seguiranno. In alternativa il paziente può essere trasferito in strutture a bassa intensità dedicate al SARS-CoV-2. In ogni caso il paziente clinicamente guarito non può lasciare l’isolamento domiciliare fino alla negatività virologica documentata da due tamponi.

Quando si può essere certi che una persona non è più contagiosa?

Il criterio attualmente in uso per considerare una persona precedentemente Covid-positiva non più contagiosa è l’assenza di sintomatologia e la negatività virologica a due test molecolari distanziati di 24 ore.

Ci sono precauzioni particolari che un paziente guarito deve adottare una volta che esce dall’ospedale e rientra al domicilio?

Una volta guarito e rientrato al domicilio la persona dovrà adottare le precauzioni che sono valide per tutta la popolazione: la protezione individuale tramite mascherina ed eventualmente guanti in base al contesto, il distanziamento sociale come regola generale e il corretto e frequente lavaggio delle mani.

Quale ruolo potrebbero avere i test sierologici sulla popolazione in questa nuova fase?

Una volta completata la sperimentazione in atto a livello nazionale, i test sierologici sulla popolazione permetteranno in primo luogo di approfondire le conoscenze sulla reale circolazione del virus, perché attraverso la determinazione della risposta immunitaria  conosceremo la reale esposizione   della popolazione al virus. Successivamente, come per tutte le patologie virali, potranno integrare il quadro clinico dell’infezione nella sua evoluzione nei singoli pazienti.

Chi ha contratto il nuovo Coronavirus ed è guarito si può ritenere immune?

È ancora troppo presto per parlare di immunità, non conosciamo le caratteristiche della risposta immunitaria a questo virus, se gli anticorpi sono protettivi nei confronti di nuove esposizioni. Per un virus comparso da quattro mesi non sono ancora disponibili queste informazioni e dobbiamo mantenere la massima cautela.

Quali sono le sue considerazioni su questa epidemia e su come è stata affrontata?

Con le terribili  immagini della Cina negli occhi e in linea con le indicazioni regionali, come Azienda ci siamo preparati per tempo per affrontare una situazione che per fortuna non ha superato la nostra capacità di fornire assistenza. E con la certezza che la difesa dell’ospedale e degli operatori sanitari sarebbe stata la battaglia decisiva, come ci aveva insegnato l’esperienza internazionale rispetto all’epidemia del virus SARS, all’ospedale di Terni, come in tutta la regione, siamo riusciti a reggere l’ondata iniziale. Il numero dei decessi, se pur dolorosamente elevato come è caratteristico di questa infezione é stato inferiore a quello riscontrato in altre regioni italiane, il numero di operatori sanitari che hanno acquisito l’infezione è stato basso e non abbiamo documentato focolai in ospedale. Ora, a mio parere, tutti dovremo prepararci ad  una lunga battaglia, analoga a quella già affrontata 30 anni fa con l’AIDS, per non creare discriminazioni in attesa di avere a disposizione terapie efficaci ed il vaccino.

Exit mobile version