Fisica, nuova luce sull’antimateria

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I più recenti risultati del cacciatore di antimateria AMS (Alpha Magnetic Spectrometer) mostrano una inaspettata abbondanza dell’antimateria nei raggi cosmici di alta energia che potrebbe essere dovuta ad un nuovo fenomeno fisico di tipo fondamentale.

Gli attuali modelli delle interazioni dei raggi cosmici ordinari con la materia interstellare – spiega l’Agenzia spaziale italiana – non possono spiegare questi nuovi risultati di AMS: queste osservazioni forniscono informazioni importanti sui meccanismi di produzione e di propagazione dei raggi cosmici. Anche se non è ancora possibile escludere che i risultati siano riconducibili all’esistenza di nuove sorgenti astrofisiche o a nuovi meccanismi di accelerazione e propagazione, tuttavia i più recenti risultati di AMS potrebbero essere interpretabili come l’effetto di collisioni tra particelle di materia oscura, e quindi una possibile evidenza indiretta della sua esistenza e della sua natura particellare.

I risultati della collaborazione internazionale AMS, il cacciatore di antimateria installato dal 2011 sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), sono stati presentati durante la tre giorni organizzata al Cern di Ginevra e dedicata a AMS, che vede coinvolti alcuni tra i più importanti fisici teorici e sperimentali a livello mondiale tra cui i responsabili dei più importanti esperimenti dedicati allo studio della fisica dei raggi cosmici.

In particolare, AMS presenta la nuova misura di precisione del rapporto tra il flusso di antiprotoni e di protoni nei raggi cosmici, risultato che mostra per la prima volta una inattesa abbondanza di antiprotoni ad energie di centinaia di GeV. Questa misura risulta complementare alla misura di precisione del flusso di antielettroni (positroni) pubblicata da AMS nel 2014, che evidenzia anch’essa un eccesso di antimateria ad alta energia. L’inaspettata abbondanza dell’antimateria nei raggi cosmici di alta energia potrebbe essere dovuta ad un nuovo fenomeno fisico di tipo fondamentale.

“Siamo eccitati per questi risultati che presentano un quadro difficilmente interpretabile nell’ambito della fisica tradizionale dei raggi cosmici. Questo straordinario rivelatore che opera nello spazio e al quale l’Italia ha contribuito in maniera molto significativa anche grazie al ruolo dell’industria nazionale, ci sta portando, con l’estensione dei risultati già ottenuti dal rivelatore spaziale Pamela e raggiungendo energie molto più alte, alla soglia di una possibile importante scoperta. Aspettiamo con trepidazione i futuri risultati”, è il commento del presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica nucleare Fernando Ferroni.

L’identificazione diretta di antimateria, in particolare di positroni e antiprotoni, nella radiazione cosmica è determinante per lo studio di fenomeni non ancora noti. Piccole quantità di antimateria, infatti, possono essere generate nell’urto tra le particelle che compongono la radiazione cosmica e le polveri interstellari, ma i primi risultati di AMS su elettroni e positroni, già pubblicati sulla rivista Physical Review Letters nel settembre del 2014, indicano l’esistenza di una nuova sorgente di questa componente di antimateria rispetto a quanto previsto dalla loro produzione “standard” nella radiazione cosmica.

“Quando 20 anni fa ho fondato assieme al premio Nobel Sam Ting l’esperimento AMS ero sicuro che avremmo scoperto qualcosa di interessante ma non avrei mai immaginato gli straordinari risultati che abbiamo presentato oggi al Cern” è il commento del presidente dell’Asi, Roberto Battiston, fino a pochi mesi fa vice-responsabile della Collaborazione AMS.

“AMS è un caso di eccellenza italiana nel settore della ricerca internazionale, gran parte degli strumenti che permettono per la prima volta la misura di precisione dell’antimateria nei raggi cosmici sono stati ideati e sviluppati nei laboratori dell’Infn all’interno dell’Università e dell’industria nazionale con il contributo fondamentale dell’Asi. L’eccesso di antiprotoni presentato al Cern – prosegue Battiston – si aggiunge a quello di positroni pubblicato in precedenza da AMS, rendendo sempre più plausibile l’ipotesi che stiamo osservando un nuovo processo fisico fondamentale”.

AMS continuerà a operare per tutta la vita della Stazione Spaziale Internazionale, fino al 2024, raccogliendo e analizzando un volume crescente di dati a energie più elevate e rendendo così disponibile una ingente quantità di informazioni.

 

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