E’ stata inaugurata a Montefalco, nel complesso museale di San Francesco, la mostra “Graffiti dell’Umbria. Scritture spontanee medievali e moderne”, visitabile fino al 15 giugno prossimo.
Un viaggio nel tempo inciso sulla pietra. Così si potrebbe definire la mostra itinerante, “Graffiti dell’Umbria. Scritture spontanee medievali e moderne”, che attraversa borghi, abbazie e siti storici umbri per raccontare una storia silenziosa ma incisa con forza: quella dei graffiti antichi.
Quando il muro diventa diario
Lontani dall’essere atti vandalici, come spesso percepiti oggi, i graffiti antichi sono testimonianze autentiche del vissuto quotidiano, della fede, dei conflitti interiori e delle tensioni sociali delle epoche passate. Incisi su pietra, intonaco o legno, essi rappresentano un patrimonio di inestimabile valore, ancora poco conosciuto dal grande pubblico.
La mostra propone una mappatura dei graffiti rinvenuti in Umbria, portando alla luce un vastissimo repertorio: croci, navi, animali, figure antropomorfe, simboli esoterici, date, alfabeti, preghiere, giochi e vere e proprie “firme”. Un caleidoscopio di segni lasciati da pellegrini, soldati, prigionieri, contadini, monaci, bambini e donne, in un dialogo che attraversa i secoli.
Il mistero di “Peritus”
Tra le figure più affascinanti emerse dallo studio dei graffiti umbri c’è quella di Peritus, nome che compare inciso in ben 33 luoghi diversi del centro Italia, tra i quali la deliziosa chiesetta di San Pietro a Pettine di cui abbiamo già parlato, accompagnato da frasi e citazioni di carattere religioso e morale. Chi era Peritus? Forse un frate pellegrino che ha voluto che le sue prediche perdurassero oltre la sua presenza. Il suo nome è leggibile all’interno di un alfabeto, quasi come un enigma, che rende questa figura oltremodo intrigante.
La figura di Peritus diventa così quasi il simbolo della mostra: un emblema di quella umanità che, secoli fa, trovava nel gesto dell’incisione una forma di espressione, di preghiera, o forse semplicemente di sopravvivenza nella memoria.
Un patrimonio da decifrare
Oltre al fascino visivo e alla ricchezza storica, lo studio dei graffiti antichi ha un’importanza enorme dal punto di vista sociologico e antropologico. Questi segni ci parlano della vita quotidiana di chi non ha lasciato cronache scritte, ci restituiscono la voce delle classi popolari, ci mostrano come il bisogno di comunicare, di lasciare un segno, attraversi ogni epoca.
I graffiti rivelano tensioni religiose, inquietudini, giochi infantili, riti propiziatori e superstizioni. In epoche di analfabetismo diffuso, incidere era un atto rivoluzionario: bastava un coltello o un chiodo per scrivere la propria presenza nella storia.
Una mostra che è anche un invito
Attraverso pannelli esplicativi, la mostra “Graffiti dell’Umbria” non si limita a esporre: invita il visitatore a osservare con occhi nuovi i muri delle chiese, dei castelli, delle prigioni e dei chiostri. A scoprire che dietro un graffio apparentemente banale si può celare la testimonianza di una vita, di un momento, di un gesto eterno.
La mostra si snoda in più tappe, toccando città e borghi come Spoleto, Bevagna, Montefalco, Perugia e Gubbio, dove i graffiti sono stati catalogati, protetti e ora raccontati al pubblico con approccio scientifico ma coinvolgente.
In un’epoca dominata dall’effimero digitale, i graffiti antichi tornano a parlare con forza: ci ricordano che l’uomo ha sempre avuto bisogno di lasciare tracce di sé. E che, spesso, le tracce più vere sono quelle più nascoste.
Benedetta Tintillini
Nell’immagine: particolare di un pannello raffigurante un graffito rinvenuto all’interno di Palazzo Trinci a Foligno.