Nave Amerigo Vespucci ha raggiunto Civitavecchia: 16° tappa del suo tour intorno al mondo che sta volgendo al termine. Salire a bordo della nave più bella del mondo non è solo una visita: è un’immersione in una storia di valori, passione e perseveranza.
C’è un momento, quando si varca la passerella della nave scuola Amerigo Vespucci, in cui il tempo sembra rallentare. Lo stupore sale, lo sguardo si perde tra le cime, gli ottoni lucenti, i legni curati con amore quotidiano. Ma è solo entrando davvero, respirando l’aria del ponte, ascoltando le voci dell’equipaggio e ascoltando il racconto di chi la vive, che si coglie l’anima profonda di questo straordinario veliero. Salire sulla Vespucci è un’emozione difficile da spiegare: è come entrare in una cattedrale galleggiante, dove ogni dettaglio racconta storie di mare, dedizione e impegno.
La Vespucci, varata nel 1931 e oggi ambasciatrice della Marina Militare e del Made in Italy nel mondo, non è solo una nave: è un luogo di formazione, una scuola di vita, un simbolo di identità e perseveranza. Lo si capisce subito ascoltando le parole del membro dell’equipaggio che ci fa da guida, che parla della nave con un rispetto profondo, quasi fosse un essere vivente. Ogni compito a bordo, dalla manutenzione quotidiana alla gestione delle manovre a vela, richiede precisione, passione e spirito di sacrificio.
“Questa non è una nave come le altre – racconta il comandante di Nave Vespucci Giuseppe Lai –. Qui si lavora con le mani e con il cuore. Si impara ad avere rispetto per il mare, per il proprio equipaggio e per sé stessi. E si scopre che nulla si ottiene senza fatica.”
Camminando tra poppa e prua si avverte la cura maniacale dei dettagli, l’orgoglio di far parte di un’eredità che si trasmette di generazione in generazione. Ammirarla da dentro significa comprendere quanto lavoro invisibile sostenga ogni uscita in mare, quanto tempo, studio, pazienza e collaborazione siano necessari per mantenere in vita una nave che, pur ultranovantenne, resta un simbolo di bellezza e potenza marina.
Ed è proprio questa dedizione silenziosa, fatta di gesti quotidiani e impegno costante, a dare pieno senso al motto inciso sulla poppa della nave: “Non chi comincia ma chi persevera”. Una frase che non è solo uno slogan, ma la sintesi di un’etica: quella del marinaio, dell’allievo ufficiale, del comandante. Un’etica che insegna a non mollare, a superare le difficoltà con coraggio, a trovare nella continuità dell’azione la forza di andare avanti.
In sintesi, la Vespucci è molto più di un veliero: è un laboratorio di umanità, dove si forgiano competenze e si custodiscono valori. Non è un caso se viene chiamata “la nave più bella del mondo”. Non solo per la sua eleganza, ma perché rappresenta un modo di vivere il mare che non conosce scorciatoie.
Nel silenzio che precede le partenze, nel rumore delle cime tirate a mano, nei volti segnati dal sole, vive un’Italia che crede ancora nella bellezza del mestiere, nella pazienza dell’apprendere, nella nobiltà della perseveranza.
E quando si scende, con il cuore ancora pieno di sale e stupore, si porta via qualcosa di più di una visita: si porta via un esempio.
Benedetta Tintillini