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Il Comune di Salisano conferisce la cittadinanza onoraria al milite ignoto

milite ignoto

Roma - Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della deposizione di una corona d’alloro sulla Tomba del Milite Ignoto, nella ricorrenza del 75° anniversario della Liberazione , oggi 25 aprile 2020. (Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Un secolo fa, nel 1921, a qualche anno dalla vittoria non scontata della prima guerra mondiale, durata per noi oltre 40 mesi dal 24 maggio 1915 al 4 novembre 1918 e costata la vita a 651 mila soldati italiani e il ferimento di un milione di giovani, le nostre autorità politiche e militari ebbero una formidabile intuizione. Onorare per sempre tutti i caduti al fronte di quel sanguinoso conflitto attraverso la sepoltura simbolica delle spoglie di un soldato italiano ignoto, ovvero privo di qualsiasi segno di riconoscimento per i commilitoni e i familiari, presso l’Altare della Patria a Roma. Al Milite Ignoto peraltro fu conferita la medaglia d’oro al valor militare.

Un’intuizione felice oggi quella dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, ANCI: partecipare alle celebrazioni del centenario invitando tutte le amministrazioni comunali a conferire la cittadinanza onoraria, e/o intitolare una via, a quel soldato ignoto che rappresenta ancora nel cuore della gente, e in particolare delle famiglie, i figli caduti per difendere la nostra patria e la libertà, riconquistando il nostro territorio occupato da eserciti stranieri, così come avvenuto anche nel secondo conflitto mondiale. Invito raccolto da migliaia di comuni in tutto il paese, come nella provincia di Rieti.

E’ molto bella e simbolica la storia del Milite Ignoto, raccontata recentemente anche dalla tv. Ha fatto bene l’amministrazione comunale di Salisano a organizzare un momento di racconto e di riflessione sul Dovere della Memoria sabato 11 dicembre 2021 alle ore 10.30, presso il Teatro Comunale, alla presenza di giovanissimi della scuola locale e di cittadini.

Fu una guerra incerta per l’Italia la prima guerra mondiale, una guerra di trincea con capovolgimenti di fronte che andarono dalla disfatta di Caporetto del novembre 1917, quando i nostri confini arretrarono al fiume Piave, fino alla vittoria finale del 3 novembre 1918 con la disfatta dell’esercito austro-tedesco e l’armistizio di Villa Giusti, a Padova. Una grande pandemia, l’influenza spagnola, accompagnava quegli anni mietendo più vittime della stessa prima guerra mondiale, 500 milioni di contagi e 50 milioni di morti, secondo alcune stime.

L’Italia in quegli anni era scossa non solo dalla guerra e dalla pandemia, ma anche da grandi rivolgimenti sociali che portarono il nostro paese sull’orlo della guerra civile, favorendo poi l’ascesa del movimento fascista.

Forse proprio per rischiarare il buio di quel periodo le autorità politiche e militari italiane vollero dare un segnale di speranza al paese, ricercando nell’ottobre 1921, in diversi luoghi del fronte, 11 salme di soldati caduti in battaglia e non identificabili. Le salme individuate furono poi trasportate nella basilica della cittadina friulana di Aquileia. Dopo la benedizione, una mamma in lacrime, Maria Maddalena Blasizza in Bergamas, che rappresentava tutte le mamme che avevano perso il figlio in quella maledetta guerra, ebbe il compito gravosissimo di scegliere un solo feretro tra quei poveri resti di 11 giovani morti sotto il fuoco nemico. Poi la bara del soldato ignoto prescelto partì in treno su un carro speciale scoperto, alla volta di Roma, il 29 ottobre 1921, attraversando con un viaggio solenne a bassa velocità, con 13 fermate, una parte dell’Italia, tra ali di folla che omaggiavano quel soldato caduto per ricordare il sacrificio di tutti i soldati che non erano tornati, in massima parte giovani contadini che non avevano mai lasciato il loro piccolo paese. Migliaia di persone attesero il treno lungo le rotaie, sventolando bandiere e fazzoletti, tra le lacrime di tanti genitori che non avevano neanche potuto seppellire il loro amato figlio. Il convoglio arrivò a Roma il 2 novembre 1921, accolto dal Re, dalle autorità e da centinaia di migliaia di persone. La bara fu tumulata in una cappella speciale (sacello) dell’Altare della Patria e da quel giorno, più volte all’anno, onorata dalle più alte cariche dello Stato. Il Presidente della Repubblica, dal gennaio 1948 ad oggi, da De Nicola fino a Mattarella, si reca al Milite Ignoto almeno tre volte l’anno (25 aprile, 2 giugno e 4 novembre), per deporre una corona di fiori, mentre in cielo passano le nostre frecce tricolori, simbolo dell’orgoglio nazionale. Un gesto non rituale, come quello del Presidente Mattarella che durante il suo mandato non ha mai smesso di ricordarci quanto sia vitale per il nostro futuro il Dovere della Memoria, quanto sia importante e necessario onorare gli italiani caduti per difendere i confini e la dignità della patria, sangue versato per permetterci di vivere nella libertà e nella democrazia, rispettando i valori della nostra Costituzione.

Giuseppe Manzo

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