L’Università di Perugia riscrive la storia dell’uomo

lucy storia dell'uomo

Scoperta di straordinario interesse scientifico sulla storia dell’uomo, quella dei ricercatori della Scuola di Paleoantropologia dell’Università degli Studi di Perugia, coordinati dal dottor Marco Cherin, relativa al rinvenimento di impronte fossili di ominidi in Tanzania.

Il team perugino ha operato in collaborazione con ricercatori di altre università italiane e con quella di Dar es Salam, l’Ateneo che segue le ricerche sul campo del Paese africano.

Il Magnifico Rettore Franco Moriconi ha espresso la soddisfazione sua e dell’Ateneo per la scoperta operata dai giovani ricercatori perugini che potrebbe riscrivere la storia dell’uomo. “Sono un’eccellenza non rara nella nostra Università generalista – ha sottolineato il prof. Moriconi – che dimostra l’impegno e la cura dei nostri docenti, oltre che nell’attività didattica, anche in quella di ricerca scientifica che più di ogni altra dà il senso ed esprime la vocazione universitaria”.

A Laetoli, località della Tanzania settentrionale, sono state e scoperte e studiate alcune piste di orme fossili impresse da australopitechi circa 3,7 milioni di anni fa. Sono le orme ‘umane’ più antiche mai scoperte al mondo, nonché della più antica testimonianza di andatura perfettamente bipede tra i nostri antenati. Inoltre, lo studio delle impronte ha permesso di verificare la presenza di individui con dimensioni piuttosto variabili, il che fa pensare a un gruppo sociale composto da maschi, più grandi, e femmine, più piccole. Le orme di uno degli individui, in particolare, hanno portato a una stima di statura di circa 165 -170 centimetri, la più alta mai registrata al mondo per gli australopitechi, generalmente ritenuti creature minute, tra 110 e 130 centimetri.

Le nuove orme rinvenute a Laetoli, nella Ngorongoro Conservation Area in Tanzania, nella stessa area in cui nel 1978 la paleoantropologa Mary Leakey e il suo team di ricercatori scoprirono piste analoghe risalenti a più di 3.6 milioni di anni fa, attribuite ad Australopithecus afarensis (la stessa specie della famosa Lucy). Circondata da centinaia di impronte appartenenti a mammiferi, uccelli e persino a gocce di pioggia, la nuova pista è stata impressa da due individui bipedi, in movimento sulla stessa paleosuperficie, nello stesso intervallo di tempo, nella stessa direzione e con simile velocità dei tre individui documentati negli anni 70.

Orme fossili e paleobiologia: la specie di Lucy era poligama?

Nuove orme bipedi di Hominini scoperte a Laetoli, in Tanzania, indicano la presenza di una marcata variabilità morfologica tra i nostri antenati di 3.66 milioni di anni fa e aprono nuove prospettive sullo studio del loro comportamento sociale.

Questa nuova evidenza, associata alla precedente, permette d’immaginare un gruppo di Hominini bipedi in movimento compatto attraverso un tipico ambiente africano di savana.

Si tratta certamente di una ricostruzione molto suggestiva, ma la nuova scoperta offre dell’altro. Le orme di uno dei nuovi individui sono sorprendentemente più grandi di quelle del resto del gruppo, suggerendo che possano appartenere a un grosso maschio. Queste eccezionali dimensioni corporee lo rendono il più grande rappresentante di Australopithecus afarensis identificato finora, con una statura stimata di 1.65 metri.

L’ipotesi è che il “quintetto” di Laetoli fosse composto da un maschio, due/tre femmine e uno/due giovani. Ciò porta a smentire la classica ricostruzione della pista degli anni 70, generalmente raffigurante la “romantica passeggiata” di una coppia di Australopithecus seguiti dal loro piccolo.

La nuova ipotesi sulla composizione del gruppo sociale e le significative differenze di taglia tra gli individui di Laetoli portano a riconoscere Australopithecus afarensis come una specie ad alto livello di dimorfismo sessuale. A sua volta, ciò consente d’ipotizzare che questi Hominini estinti potessero avere un’organizzazione sociale e delle strategie riproduttive più simili all’attuale gorilla (scimmia antropomorfa poligama ad alto dimorfismo sessuale), piuttosto che a specie moderatamente dismorfiche come i promiscui scimpanzé e bonobo, oppure la maggior parte degli uomini moderni e, forse, di quelli estinti.

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