I dolori di Michelangelo: non si trattava di gotta ma di artrite

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Michelangelo Buonarroti ha convissuto con l’artrite per un quarto di secolo e non fu invece colpito dalla gotta. La dedizione totale al lavoro manuale come scultore è all’origine della degenerazione delle cartilagini che lo ha afflitto intorno ai sessant’anni. L’uso prolungato di martello e scalpello ha consentito al contempo all’artista di mantenere l’uso delle mani fino alla fine della sua vita.

Sono queste le conclusioni a cui è arrivato lo studio pubblicato sul “Journal of the Royal Society of Medicine” realizzato da un gruppo di studiosi, di cui hanno fatto parte Donatella Lippi e Marco Matucci-Cerinic del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze, e Davide Lazzeri, chirurgo plastico di Villa Salaria Clinic a Roma e cultore di storia della medicina presso l’Ateneo fiorentino. I ricercatori hanno analizzato tre ritratti di Michelangelo, in un’età tra i sessanta e i sessantacinque anni, e la corrispondenza dell’artista con parenti e amici. “I dipinti mostrano piccole articolazioni della mano sinistra affette da alterazioni degenerative, riconducibili all’artrosi, che non figurano in precedenti rappresentazioni”, spiegano i ricercatori.

Nelle lettere Michelangelo Buonarroti confida a un nipote di avere difficoltà a scrivere a causa dell’artrite. I dolori si acuiscono con l’avanzare degli anni senza tuttavia impedirgli di creare nuovi capolavori. Buonarroti, secondo la testimonianza dei suoi collaboratori, martellò la Pietà Rondanini fino a sei giorni prima della sua morte nel 1564, tre settimane prima del suo 89esimo compleanno. “La diagnosi di osteoartrite degenerativa offre una spiegazione plausibile della perdita di destrezza in età avanzata da parte di Michelangelo”, spiegano sempre i ricercatori fiorentini. “D’altra parte il nostro studio sottolinea il trionfo di Michelangelo su tale patologia che avrebbe potuto generare infermità delle sue mani mediante un’incessante attività lavorativa perdurata fino ai suoi ultimi giorni. Infatti, il lavoro continuo ed intenso ha contribuito a mantenere in Michelangelo l’uso delle mani il più a lungo possibile.” Lo studio ha evidenziato inoltre che l’artista non è stato colpito da gotta. “Non ci sono segni di infiammazione nella mano dell’artista – aggiungono gli studiosi – e nessuna evidenza di tofi, noduli bianco-giallastri di grandezza variabile composti da acido urico che si formano sotto la pelle delle persone affette da questa patologia”.

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