Scopriamo l’Umbria: visita ai tesori del Museo Civico di Bevagna

bevagna civic museum

Già dalla rampa di accesso al piano espositivo il Museo Civico di Bevagna testimonia le antiche origini del luogo che lo accoglie, grazie a reperti lapidei di origine romana esposti, rinvenuti nel territorio e collezionati dall’abate Fabio Alberti nel ‘700: la cittadina, conosciuta infatti per il suo periodo medievale, ha le sue radici nella romana Mevania.

Un oggetto prezioso esposto nel museo, testimonianza della devozione dei bevanati, è la cassa che conteneva il corpo del Beato Giacomo. Il Beato Giacomo era un monaco domenicano nato a Bevagna nel 1220 e morto nel 1301, alla sua morte fu deposto in un sarcofago romano rilavorato per l’occasione, visibile tutt’ora nella chiesa a lui dedicata, ed in seguito, intorno al 1589, fu traslato nella cassa visibile al museo, voluta proprio dai cittadini di Bevagna. Sul lato lungo della cassa, ad opera del pittore locale Ascensidonio Spacca detto il Fantino, sono illustrati tre suoi miracoli: il miracolo del muratore salvato dalla caduta dall’impalcatura durante la costruzione del campanile della chiesa di San Domenico, il miracolo del sangue schizzato dal crocifisso (il Beato Giacomo acquistò a Perugia un crocifisso ed una Madonna con Bambino lignea, tutt’ora visibili nella chiesa a lui dedicata) che il sant’uomo stava adorando inginocchiato davanti a all’altare e il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino.

Tutti i miracoli del Beato Giacomo sono avvenuti a Bevagna; accanto alla chiesa del Beato Giacomo c’è il chiostro e il convento dei Domenicani, ora trasformato in un albergo: l’acqua trasformata in vino è stata attinta proprio da un pozzo lungo una navata di quel chiostro.

L’iconografia della Madonna di Costantinopoli è alquanto diffusa nella città, dove se ne contano tre esempi: uno alla Madonna delle grazie, uno nella chiesa del Beato Giacomo e uno al Museo Civico di Bevagna, realizzato dal Fantino: la Madonna indica il Bambino (ovvero la via della salvezza) e il rotolino chiuso nelle mani di Gesù che simboleggia il Vangelo ancora da scrivere.

Un’altra opera del Fantino presente al Museo è l’Annunciazione dove la Madonna, con gesto remissivo, accetta l’annuncio dell’Arcangelo Gabriele. Il particolare della rondine posata sul filo nello sfondo colloca l’evento a livello temporale: l’Annunciazione cade il 25 marzo, ma è anche simbolo di resurrezione, quasi a profetizzare ciò che avverrà. L’iconografia del gatto che, generalmente ha connotati negativi, in questa opera è presente al fine di riprodurre un ambiente intimo e familiare.



Di Giovanni Battista Pacetti detto “lo Sguazzino” è il dipinto raffigurante la Trinità e Santi con il Beato Giacomo con in mano il calice, San Vincenzo in abiti vescovili, San Giuseppe e San Filippo Neri. Nel dipinto è riprodotto un particolare della città di Bevagna dove, in Santa Margherita, sono costudite alcune reliquie di San Filippo Neri arrivate nel 1627, mentre il dipinto dovrebbe essere stato realizzato dopo il 1632, ovvero dopo la beatificazione del Beato Giacomo.

Il “pezzo forte” della collezione del Museo Civico di Bevagna, ed il più conosciuto, è l’Adorazione dei magi di Corrado Giaquinto, dipinto realizzato nel 1750. La luce abbraccia la scena, dà vita ai colori brillanti, e sottolinea la meraviglia di San Giuseppe per quanto sta accadendo, donando alla composizione l’atmosfera mistica di un evento meraviglioso e soprannaturale. Da notare il particolare delle colombe nel cesto a simboleggiare la castità di Maria.

Una ragazza in abiti settecenteschi è ritratta con in mano una conchiglia aperta dalla quale si dipana una collana di perle: ritratto sicuramente destinato al suo futuro marito, con la conchiglia aperta e le perle simbolo di purezza e virtù.

Fa estrema tenerezza la Pala Ciccoli (in foto un particolare) opera di Dono Doni, che rappresenta la Madonna con Bambino in gloria che incorona la nipote di Gisberto Ciccoli. Il Ciccoli era un medico importante di Bevagna, e la bimba, sua unica nipote, morì all’età di 10 anni per una febbre violenta. Sconfitto come medico e come zio, dal gran dolore il Ciccoli commissionò la pala, proprio per rendere immortale la figura della nipote, della quale peraltro non è scritto il nome, rappresentata accanto alla Vergine e Gesù nell’atto di incoronarla. Nella parte alta della composizione è raffigurata la Vergine, seduta su un trono di nuvole, che accoglie la bambina con un abbraccio ed uno sguardo amorevole da mamma.

Nella parte bassa dell’opera alcuni cartigli raccontano l’accaduto, il perché dell’opera e il profondo dolore del committente. La pala fu dipinta per una cappella della chiesa di San Francesco dedicata all’Immacolata, perché la bimba, strappata precocemente alla vita, morì immacolata.

Una vera chicca è il modellino del Santuario Madonna delle Grazie, il modellino in legno si apre completamente e l’interno è fedele alla costruzione del santuario, mentre è diverso il campanile. Il Santuario fu costruito sopra un’edicola votiva dedicata appunto alla Madonna delle Grazie, nel punto in cui avvenne il miracolo della guarigione di Pancascio. Pancascio era un uomo di Bevagna che abitava a Roma, si dice che, molto malato, si mise in viaggio perché, prima di morire, voleva rivedere Bevagna e, una volta arrivato sul luogo dove sorge il santuario, guarì improvvisamente per intercessione della Madonna, per ringraziamento fece costruire l’edicola la quale, dopo altri accadimenti miracolosi, fu sostituita dal Santuario.

Benedetta Tintillini

Il Museo Civico di Bevagna su Google Maps:

 

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