Santo Piacere: Giovanni Scifoni tra amor sacro e amor profano

santo piacere

Una breve stagione teatrale quella che quest’anno ha dato vita al teatro Excelsior di Bettona, che si è aperta con “Santo Piacere”, di e con Giovanni Scifoni.

Sul palco Scifoni si destreggia in cambi continui di personaggi che celebrano il passaggio della vita mettendo luce su una verità dove corpo anima e amore cercano la grazia di DIO.

Vizi, ragioni e sentimenti dell’ “Uomo” come essere incastrato nelle sue culture e debolezze che oscilla, come un esilarante pendolo, tra gli estremi del sesso e della Fede, in metamorfosi continua tra i suoi personaggi: il morigerato Don Mauro schiavo di un catechismo improbabile, e l’illuminato Rashid, musulmano modernista; un flusso di coscienza tempestoso e irresistibilmente comico che cerca di liberarsi dai pregiudizi, dai luoghi comuni.

In scena, quasi nudo, il protagonista mostra un quadro che sembra accordare il piacere con il sacro, con ricordi ed affetti che ci fanno ridere e sorridere; Scifoni fa rimbalzare Papi e martiri, santi e filosofi, scimmioni primitivi e cardinali futuribili, anni ’80 e Medioevo, schivando continuamente la tentazione di un sinuoso corpo femminile della ballerina Anissa Bertacchina, che si destreggia in abili danze per far comprendere quanto sia reale la disintossicazione da sesso del pubblico.

L’obbiettivo dell’autore è proprio questo, la soluzione all’eterno conflitto tra “Amor Sacro e Amor Profano”, tra Fede e Godimento, tra amore spirituale e sesso, e lo fa con un viaggio che passa attraverso la sua infanzia, la sua adolescenza, la sua vita da adulto che, potrebbe essere quella di chiunque.

In una serie di quadri perfettamente legati tra loro, Scifoni si muove tra l’allestimento scenografico composto da una pila di libri, da un letto centrale ed un crocifisso sulla sinistra, forse simboli di ragione godimento e castità?…

La fede e il piacere della carne non sono incompatibili, ci si deve staccare dalla visione che tutto ciò che riguarda l’ambito sessuale sia da considerarsi peccato, perché, semplicemente ”Dio è contento quando noi proviamo piacere”. Ed è inutile ammorbare i preti con i nostri peccati sessuali, così come ci racconta l’attore, tanto annoiati ormai dalle nostre “banali” confessioni.

Quindi l’attore, compiendo questa svestizione, si libera in modo figurato dei pregiudizi, dai cliché comuni, ossessioni e dubbi… fino alla “nudità” che diviene l’emblema della purezza!

Sonia Lustrino

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